(Talal Khrais- Beirut) – Si riparla di Libia. Forse non abbiamo mai smesso di parlarne ma la stampa italiana è ritornata a occuparsi di Tripoli e Bengasi perché si è resa conto che il paese del dopo Gheddafi è ripiombato nel caos. Forse dal caos, tra un colpo di stato e l’altro, come ricorda il giornalista Gian Micalessin su Il Giornale, non è mai uscito neanche per un istante. L’Italia è complice di quel disastro, responsabile di essersi fatta coinvolgere nella guerra franco britannica che con la democrazia e la libertà aveva poco a che fare. Oggi la Libia è un paese martoriato, senza pace e diviso da lotte interne tra varie fazioni. L’assetto tribale della società ha prodotto la dissoluzione dello stato, con gruppi, in feroce contrapposizione tra loro, che hanno il controllo su zone diverse. Gli interessi, a partire da quelli petroliferi della Cirenaica, sono enormi. L’Occidente, Francia in testa, non è un soggetto disinteressato in questa vicenda.
L’Italia, che in quel paese un peso l’aveva, oggi assiste come uno spettatore qualsiasi. Non sembra che l’attuale governo sia capace di indicare una strada alla comunità internazionale. Con tutta probabilità, come spesso è capitato negli ultimi anni, seguirà le politica di Stati Uniti e Unione Europea. In questo senso c’è una forte correlazione tra la perdita di influenza politica e la perdita di peso economico. Il Bel paese sta vedendo ridotta la propria competitività per ragioni economiche. Questo coincide anche con la sua ridotta capacità politica a livello internazionale. Due facce della stessa medaglia.
Italia vuol dire Europa. Il vecchio Continente è attraversato da una crisi molto pericolosa, quella in atto in Ucraina. È qui che si gioca la decisiva partita con la Federazione Russa. Alzare un nuovo muro non conviene a nessuno, tanto meno all’Occidente. Eppure l’Europa insiste sulla linea delle sanzioni a Mosca: alla lista già esistente, che comprendeva 61 nomi, se ne sono aggiunti altri 13. In più sono stati congelati i conti di due imprese con sede in Crimea in mano a cittadini russi. Il ministero degli Esteri della Federazione Russa ha più volte rilevato che usare nei confronti di Mosca il linguaggio delle sanzioni è insensato e controproducente, mentre gli esperti, compresi quelli occidentali, dicono che le nuove sanzioni avranno conseguenze negative per l’economia europea e americana. Dietro le sanzioni, come sempre, ci sono gli Stati Uniti di Barack Obama. Quelle sanzioni sono un colpo mortale per l’Europa, non certo per gli Usa che con Mosca hanno rapporti economici e commerciali ridotti. I governi di Germania e Francia non si rendono conto che quelle sanzioni possono mettere in crisi l’idea stessa di coesione europea perché vanno a colpire l’economia degli Stati membri. Non vi è solo la questione energetica, quella del gas per intenderci. Ci sono in ballo affari che valgono miliardi di euro e che riguardano gli investimenti della Russia in Europa e viceversa. Gli Stati Uniti sono del tutto indifferenti a questo aspetto della vicenda. Lontani dal loro cortile di casa fanno qualunque cosa, tanto le ricadute delle loro politiche economiche ricadono sugli altri.
Per fortuna in Europa c’è chi pensa con la propria testa in Europa: l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder ha detto che l’Occidente dovrebbe pensare di meno alle sanzioni contro la Russia. Secondo lui, in questo momento sarebbe meglio parlare degli interessi della Russia nel campo della sicurezza. Facendo Riferimento a un rapporto riservato dell’Unione Europea, il britannico Daily Telegraph ha scritto che in seguito alle sanzioni la locomotiva d’Europa, la Germania, potrebbe perdere quasi l’1% del suo PIL. Secondo Daily Telegraph, questo scenario è possibile, ipotizzando che vengano messe al bando le importazioni di gas e petrolio dalla Russia. In Italia non c’è spazio per parlare di queste cose. La politica è del tutto indifferente e i media, che della politica sono lo specchio, trattano la vicenda dell’Ucraina con grande approssimazione e superficialità. Recentemente è accaduto con la Libia e la Siria.
L’Europa ha eseguito gli ordini da parte degli Stati Uniti utilizzando l’Ucraina come un deterrente contro la Federazione Russa. Dal 2008 la NATO considera l’adesione dell’Ucraina e della Georgia alla NATO un fatto compiuto. Il peggioramento dei rapporti causato dalla questione ucraina tra Europa, Stati Uniti e la Federazione Russa avrà conseguenze negative oltre al rischio della guerra civile. L’Europa sta mettendo a rischio i propri rifornimenti energetici, gli enormi scambi commerciali e gli investimenti già effettuati nel Paese euroasiatico. In parole povere: siamo assistendo alla riedizione di un mondo diviso in due blocchi che ci porta ad un confronto già visto.
Che cosa dovrebbe fare allora l’Italia di Renzi e Napolitano? Una sola cosa: affermare davanti a se stessa e alla comunità mondiale il suo ruolo di interlocutore e di mediatore di pace. Deve ritrovare la sua bussola, i valori e l’onore della sua costituzione. Quello che faceva un tempo, quando i partiti politici consideravano la politica estera un elemento strategico della propria azione.
Talal Khrais. Giornalista accreditato presso la Stampa Estera in Italia, è corrispondente dall’Italia del quotidiano libanese “As –Safir e reporter di guerra. Responsabile delle relazioni estere del Centro Italo Arabo Assadakah. Autore di numerosi articoli e reportage. Coautore dei volumi Lebanon (Arkadia), Syria, quello che i media non dicono (Arkadia).
Fonte dell'articolo: Spondasud
Submitted by Anonimo on Thu, 22/05/2014 - 09:31