(Spondasud) – Una corsa in macchina in giro per la città assediata dai cosiddetti ribelli. Da un momento all’altro sulla strada può arrivare un colpo di mortaio oppure essere coinvolti in uno dei tanti attentati che hanno martoriato la città di Aleppo in questi anni di guerra. Anni lunghissimi che sembrano non aver fine. Perché qui, in questo angolo di Siria, la guerra è ancora in corso e la popolazione è stremata ma non ancora vinta. Una corsa per i quartieri controllati dall’esercito per scattare delle foto che poi saranno spedite in Italia, per far capire al mondo che nonostante tutto la vita continua, senza sosta. Alla fine ci si abitua a tutto, anche alle esplosioni che spezzano il silenzio e fanno tremare la terra. La vita è anche l’assurda quotidianità fatta di dolore e attesa, di speranza e disperazione. Si vive, si prova a farlo, anche se spesso si ha la percezione di essere vicini alla morte.
Maria (il suo nome in realtà è un altro ma mi ha chiesto di non scriverlo per ragioni di sicurezza) è quella voce che vuoi sentire o quel messaggio che speri di leggere per sentirti meglio la sera, prima di addormentarti. Per essere sicuro che i tuoi amici stanno bene. Maria è lo sguardo sulla Siria che molti media non vogliono vedere e neppure intendono raccontare. Per l’opinione pubblica mondiale, Aleppo è la città martoriata dai bombardamenti del regime, da quei barili pieni di esplosivo che stranamente piovono solo da queste parti. Si prende tutto per buono, senza alcuna verifica sul campo, senza alcuna comprensione di ciò che sta accadendo realmente in una delle città più belle del mondo. Aleppo è assediata ma non dall’esercito ma da gruppi armati che conducono ognuno la propria guerra. Ci sono i ribelli moderati, quelli in armi, i gruppi mercenari provenienti da altri paesi e sponsorizzati dall’estero. Ci sono i terroristi, i più radicali, che commettono azioni criminali e atrocità di qualunque tipo. Una miriade di sigle spesso in contrasto tra loro. Miliziani che combattono con chiunque, professionisti della violenza che di volta in volta scelgono i loro obiettivi: esercito, civili o altri gruppi ribelli.
Qui ad Aleppo si sono verificati dei crimini che nessuno può scordare. Maria lo dice a chiare lettere: “Nelle zone controllate dall’esercito si può continuare a vivere con una certa tranquillità, sono i quartieri più sicuri della città. I soldati stanno avanzando e stanno riconquistando molte zone prima nelle mani dei terroristi. Ma non si arrendono, vogliono tenere in scacco tutta la popolazione. In certe strade bisogna stare attenti perché ci sono i cecchini che sparano sulle persone. Per non parlare dei colpi di mortaio sparati per uccidere i civili. Queste cose la stampa internazionale non le dice. Noi siamo assediati dai terroristi che fanno attentati ogni giorno. Chi ci difende è l’esercito e se c’è ancora vita qui ad Aleppo è grazie ai militari. Ma le cose stanno cambiando. Chi maledice il regime forse dovrebbe sentire anche le persone che in questa città ci vivono veramente. E qui la stragrande maggioranza delle persone è con il presidente Assad, senza di lui saremmo dovuti scappare tutti. Oggi non c’è acqua e luce, si tira avanti con quello che c’è. Molte attività commerciali non esistono più e si vive con poco. Ci si arrangia, si resiste. Il popolo siriano è forte, più forte del terrorismo e delle menzogne”.
Maria è una donna cristiana e sa bene che in altre parti della Siria i combattenti più radicali hanno imposto alla popolazione regole e condizioni di vita rigidissime, come la conversione all’Islam e il pagato di un tributo per il solo fatto di appartenere a un’altra religione. Le donne sono le più deboli, spesso sottoposte a violenze indicibili. “Sono tornata ad Aleppo – dice Maria – ed ero pronta ad arruolarmi per difendere il mio paese e la mia famiglia. Non avevo mai pensato di fare una cosa simile e neppure di imbracciare un fucile. Oggi reputo quest’opzione del tutto normale anche se la mia famiglia mi ha impedito di farlo”. In questi anni sono stati tantissimi gli uomini e le donne che hanno deciso di arruolarsi nell’esercito per difendere la loro patria. In Siria i soldati dell’esercito sono considerati dei veri eroi, acclamati ogni volta che le città vengono liberate. È accaduto qualche giorno fa anche a Homs, restituita alla popolazione che ha potuto finalmente far ritorno alle proprie case. E a proposito dell’esercito Maria dice: “I ragazzi sono fantastici, fanno dei turni massacranti, rimangono svegli per molti giorni eppure trovano la forza di dare conforto a tutti. Sono eroi, i nostri eroi. Se i terroristi si arrendessero sarebbe tutto più semplice, invece si ostinano a combattere, a distruggere e a uccidere chiunque non la pensi come loro. L’esercito fa il suo dovere: combatte per difendere Aleppo e i suoi abitanti. Il mondo deve sapere, non credete alle menzogne di certa stampa. Molti giornalisti vanno nei quartieri controllati dai ribelli e raccontano solo quello che vogliono. Dovrebbero vedere il resto ma da queste parti non si fanno vedere”.
Maria torna a casa, mi spedisce con WhatsApp le foto scattate in giro per Aleppo e ammette di essere passata a 500 metri dal luogo dove mezz’ora prima era caduto un colpo di mortaio, uccidendo alcune persone. Civili inermi che passeggiavano tranquillamente per la strada. Mi dice che oltre non si è potuta spingere, perché è pericoloso spostarsi e anche l’esercito impedisce alle persone di avvicinarsi troppo alle zone non sicure. Le dico di stare attenta. Mi risponde di stare tranquillo, che va tutto bene. So bene che non potrebbe dirmi altro. Si vive sospesi su un filo, giocando con la sorte e pregando Dio. Maria è una donna coraggiosa. Dopo tutto il miglior modo per sconfiggere la morte è vivere. E ad Aleppo si vive.
Alessandro Aramu (twitter@AleAramu)
fonte dell'articolo: clicca qui
Submitted by Anonimo on Mon, 12/05/2014 - 10:10