Intervista a padre Tovma Khachatryan, responsabile della Chiesa Apostolica Armena in Italia, a pochi giorni dal Natale, celebrato dagli armeni il 6 gennaio
Roma, 04 Gennaio 2014 (Zenit.org) Federico Cenci | 617 hits
Prima nazione ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato, l’Armenia è stata sottoposta nel corso dei secoli a vicissitudini tali da temprare nella sofferenza l’identità nazionale e la fede cristiana del suo popolo. Sofferenza che ha echi recenti. Soltanto agli inizi degli anni '90, con l’ottenimento dell’indipendenza dell’Armenia dall’Unione Sovietica, venne gradatamente recuperato dall’oblio della memoria storica il Genocidio Armeno, consegnando all’opinione pubblica una realtà atroce consumatasi a partire dal 1915, in cui decine di migliaia di armeni furono deportati e uccisi dalle autorità turche. Intere regioni dell’Impero Ottomano abitate per secoli da popolazioni armene furono così falcidiate.
Come ogni genocidio, anche quello subito dagli armeni generò una diaspora. Molti di loro trovarono in Italia, antica terra d’accoglienza, un luogo sicuro e ospitale in cui piantare nuove radici. L’integrazione fu rapida, ma ciò non impedì ai nuovi arrivati di mantenere vivo il legame con le loro tradizioni, che si snodano intorno a una peculiare lingua madre e a una Chiesa salda nel suo antico zelo religioso. A Milano, in via Jommelli, si trova l’unica parrocchia italiana della Chiesa apostolica armena. Il suo parroco, padre Tovma Khachatryan, ha parlato a ZENIT della Chiesa di cui fa parte, di dialogo ecumenico, del “Grande Male” del 1915 e della comunità armena in Italia, che in questi giorni si sta preparando per celebrare il Santo Natale, che la Chiesa Armena - conservando un’antica usanza cristiana - celebra il 6 gennaio.
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Come nasce la Chiesa Apostolica Armena e in cosa si differenzia da quella cattolica?
Padre Tovma: La Chiesa Apostolica Armena è stata fondata da due apostoli di Nostro Signore, da San Taddeo e da San Bartolomeo, ed è per questo motivo che si chiama “Apostolica”. Di seguito, nel 301, grazie a San Gregorio Illuminatore e al re Tridate III la Cristianità è stata proclamata religione di Stato nella nostra cara Armenia. La Chiesa Apostolica Armena, con il volere di Nostro Signore, è la religione storica, tradizionale e ufficiale degli armeni. Desidero elencare alcune particolarità della nostra Chiesa con le sue massime festività: il Santo Natale, la Pasqua, la Trasfigurazione di Cristo, l’Assunzione di Maria Vergine e la Liberazione della Croce. Diversamente dalle altre Chiese Sorelle, noi festeggiamo il Santo Natale il 6 di gennaio. Nel seno della Chiesa Apostolica Armena ci sono due diverse categorie di sacerdoti; preti sposati e celibi. A differenza dei primi i secondi possono elevarsi nei gradi sacerdotali, divenendo Vardapet (Dottore della Chiesa Armena), vescovi e possono essere eletti Katolicos. La Nostra Santa Messa, che noi siamo abituati a chiamare “Divina Liturgia”, è cantata e dura circa due ore, ed è fondata sulle liturgie di San Basilio e di San Giovanni Crisostomo. Abbiamo sette Sacramenti, dei quali i primi due - il Battesimo e la Cresima - sono concessi dopo otto giorni dalla nascita del bambino e di seguito danno pure la possibilità di somministrare la Santa Comunione. Normalmente il mercoledì e il venerdì, sono due giornate di digiuno nella nostra Santa Chiesa, e molto seguito ha anche la Quaresima. Nel nostro Calendario Liturgico sono ricordati tutti i Santi Cristiani Ecumenici, i quali sono stati martirizzati fino al Concilio di Calcedonia, dopodiché seguono esclusivamente i Santi Armeni. Negli ultimi tempi, con l’intercessione e la Carità dello Spirito Santo, le Chiese non desiderano parlare delle differenze ma seguono il pensiero di Sant’Agostino: “Unità nelle cose necessarie, libertà in quelle dubbie, carità in tutte”.
Foste anche considerati monofisiti, attribuzione che tuttavia avete sempre rifiutato. Vero?
Padre Tovma: La risposta a questa domanda è naturalmente legata alla logica della prima: sì, la nostra Santa Chiesa, come le altre Chiese Antiche Orientali - copta, etiopica, siro-giacobita e indo-malacara -, non ha aderito al Concilio di Calcedonia. Questo gruppo di Chiese sono conosciute con il nome di “Antiche Chiese Orientali” oppure con la denominazione di “Ortodosse Orientali”. Però non riconoscere il Concilio di Calcedonia non significa essere “monofisiti”. La Santa Chiesa Apostolica Armena, assieme alle altre chiese orientali annoverate, ha riconosciuto i primi tre concili compreso quello di Efeso del 431, e durante tutta l’evoluzione della sua teologia rimase fermamente fedele alla formula “cirilliana” cioè “una sola natura incarnata nel Verbo di Dio”: “Dio perfetto quanto alla sua divinità, uomo perfetto quanto alla sua umanità, la sua divinità e unita alla sua umanità nella persona dell’unigenito Figlio di Dio, in una unione che è reale, perfetta, senza confusione, senza divisione, senza alcuna forma di separazione”. E per far tacere ogni perplessità desidero rimandare al testo dell’Accordo-Dichiarazione comune firmato nel 1996 fra il Sommo Pontefice Beato Giovanni Paolo II e il defunto nostro Catolikos Gareghin I, per dissipare “molti dei malintesi ereditati dalle controversie e dai dissensi del passato”.
A proposito dell'Accordo-Dichiarazione citato, quanto l’impegno ecumenico ha contribuito, nel corso degli ultimi decenni, a riavvicinare la vostra Chiesa e Roma?
Padre Tovma: Lo sviluppo del dialogo ecumenico, segna dei progressi palpabili non solo fra la Chiesa Cattolica e quella Armena ma con tutte le altre Chiese interessate a questa coesistenza fraterna, e in modo particolare serve a risolvere problematiche che ormai hanno più secoli di vita. Potrei tranquillamente dichiarare che le due Chiese, quella Cattolica e quella Apostolica Armena, oggi si trovano in una posizione di altissimo livello in quanto ad amicizia e fratellanza, nel senso cristiano del termine. Sarebbe sufficiente ricordare la duplice presenza di S.S. Gareghin II e il Presidente della Repubblica dell’Armenia, Serge Sarkssian, all’inizio del pontificato di papa Francesco, nel marzo del 2013. Inoltre l’apertura dell’Ambasciata della Repubblica Armena presso la Santa Sede nel mese di settembre del 2013 è venuta a rafforzare di più le relazioni anche formali fra la nostra Patria e la Santa Sede. Negli anni scorsi, con l’invito delle autorità vaticane, sono venuti a Roma e in altri centri cristiani d’Occidente numerosi sacerdoti armeni per perfezionare la propria preparazione teologica e filosofica. Numerosi fedeli e sacerdoti delle diverse diocesi sono graditissimi ospiti in Armenia e molto di sovente vengono ricevuti personalmente anche da S.S. Il Catolicos, per ricevere le sue paterne benedizioni. Dobbiamo incessantemente pregare per l’unità delle nostre Sante Chiese.
Recentemente Papa Francesco ha usato l’espressione “ecumenismo del sangue” per indicare che le persecuzioni accomunano le varie confessioni cristiane nel mondo. È un’espressione forte ed anche uno sprone affinché si compiano dei passi concreti verso l’unità dei cristiani, non crede?
Padre Tovma: Le paterne attenzioni e insistenze del Santo Padre sono delle verità dei nostri giorni molto utili in questi periodi di preoccupanti decadenze e di scivolamenti. Per un tragico esempio ricordiamo la situazione dei cristiani della Siria. Decine di migliaia di armeni scampati al Primo Genocidio del XX secolo, perpetrato da parte del Governo turco di allora, si rifugiarono nell’ospitale terra della Siria, riuscendo a rifarsi la propria vita nazionale e vivere la propria cristianità grazie alla buona volontà del popolo siriano. E oggi, con grande rammarico, come sacerdote armeno e cristiano, vedo polverizzarsi l’entità spirituale, culturale ed etnica delle nazioni cristiane, con l’annientamento delle loro istituzioni interne, per colpa di interventi militari esterni. Vengono distrutte ogni giorno vite innocenti che non hanno nulla a che vedere con le lotte delle “strane” fazioni sul campo. Penso che su questi tragici temi, l’intervento del Santo Padre sia essenziale come essenziale deve essere l’unità di tutti i cristiani. Ricordiamo sempre le parole di San Paolo quando si riferiva ai diversi arti dello stesso corpo: dobbiamo avere cura l’uno dell’altro.
Cosa ha consentito al popolo armeno di mantenere viva e radicata la propria fede nonostante lunghi periodi di occupazioni e violente vessazioni?
Padre Tovma: Con molto dolore devo affermare che solo una minima parte della nostra biblica Patria si chiama Repubblica dell’Armenia. La nostra storica terra, trovandosi sull’asse Oriente-Occidente, più volte rimase schiacciata fra potenti vicini, i quali si sono anche misurati militarmente sulla nostra povera terra. Malgrado le numerosissime perdite, i nostri Padri sono sempre rimasti devoti alla loro Cristianità e sono riusciti a sviluppare una profonda Civiltà Cristiana. Uno dei nostri migliori intellettuali armeni apostolici, Khatchadour Abovian, considerava irrinunciabile la Cristianità della nostra terra e la lingua madre, con il suo originale alfabeto che è stato creato da parte di un sacerdote della Chiesa Apostolica Armena, San Mesrob Mascdotz, nel 405. Dobbiamo sempre essere devoti e ringraziare il nostro Padre Celeste, perché anche nei momenti più tragici della nostra storia non ci ha lasciato senza la propria Santa Mano Misericordiosa, benedicendo la nostra vita nazionale e di fede. A mio modesto parere il motivo della nostra “indistruttibilità” nazionale nasce dall’incrollabile fede e l’amore che abbiamo verso Nostro Signore.
Durante il Sinodo del settembre scorso, la Chiesa armena ha deciso di procedere con la canonizzazione delle vittime del Genocidio Armeno. Si tratta di una ferita che ha profondamente segnato il vostro popolo. Come vivete il rapporto con questa eredità e cosa può dirci riguardo alla decisione presa nel sinodo?
Padre Tovma: Con molta gioia dovrei, prima di tutto, dichiarare che il suddetto Sinodo ha ricostituito un’antica tradizione della Santa Chiesa Armena, poiché ha riunito tutti i vescovi armeni, sia quelli di cui è a capo S.S. Gareghin II, Catolicos e Supremo Patriarca di Tutti gli Armeni, sia quelli legati al catolichosato della Grande Casa di Cilicia, retto da Catholicos Aram I. È stato questo, l’unico luogo in cui poteva essere presa serenamente la decisione di santificare i nostri Martiri caduti durante il Genocidio del Popolo Armeno del 1915. L’ultima volta questo Santo Sinodo era stato riunito nel lontano 1441, quando venne sancito il ritorno della Sede del Catolicosato nella Santa Sede di Etchmiadzin, da dove era stata spostata alla fine del’XI secolo per motivi bellici in Cilicia. La canonizzazione dei Martiri, era una difficile questione che venerabili vescovi delle quattro sedi della Chiesa Apostolica Armena (di Etcmiadzin, di Cilicia, di Costantinopoli e di Gerusalemme), costituitisi in commissione apposita, stavano studiando da decenni. Il Sinodo del settembre 2013 è stato il riepilogo di un lavoro lungo fatto in questi ultimi anni. La Chiesa Armena è esigente circa il riconoscimento del Genocidio del popolo Armeno e i conseguenti risarcimenti. Come conseguenza del “Grande Male” subito, il popolo consegnato alle amorevoli cure del Clero Armeno ha subito delle violazioni inenarrabili. Con inaudite torture sono stati assassinati numerosissimi sacerdoti, sono stati distrutti o occupati molti conventi, istituzioni religiose, scuole, centri sociali e ospedali, distrutte o nazionalizzate case, edifici sia appartenenti ai privati che alle organizzazioni religiose. L’effetto ancora più grave di questo comportamento disumano delle autorità turche è stata l’interruzione del naturale sviluppo culturale, sociale e politico di una intera nazione. Tutto ciò creò da una pacifica popolazione radicata nella sua terra millenaria, una nazione di viandanti, perché i sopravvissuti dovettero emigrare in tutti gli angoli del mondo, dove furono costretti a mettere nuove radici. Oggi più di 10milioni di armeni vivono sparsi in 120 Paesi diversi del mondo, creando una situazione a dir poco “anomala”; questo è un crimine contro l’umanità. Io prego ogni giorno, perché il popolo turco riconosca ufficialmente il Genocidio perpetrato da parte dei loro padri, sollevando le nuove generazioni e allontanando da sé l’appellativo di “criminali assassini”. Quando uccidi un uomo, tu uccidi dentro di te l’umanità. Penso che le autorità turche di oggi, devono accelerare il processo di riconoscimento del Genocidio pensando proprio agli interessi principali ed essenziali del proprio popolo.
Come si è sviluppato il rapporto antico e solido che vi lega all’Italia? Come è organizzata oggi la Chiesa apostolica armena in Italia?
Padre Tovma: Gli armeni vennero in Italia probabilmente in epoca pre-cristiana. I nostri padri furono militari e commercianti in Italia, fondarono castelli e fortezze, invece nel Medioevo comunità e chiese. Nei primi secoli, vennero in Italia numerosi predicatori dall’Armenia, con i loro nomi ancora oggi possiamo annoverare tanti luoghi, basiliche e chiese: San Biagio, San Miniato, Sant’Emiliano di Trevi, ecc... A Nardò, in Puglia, il Patrono della Città è il nostro San Gregorio Illuminatore, esistono anche diverse chiese dedicate a suo nome sparse per la Penisola. La Chiesa Apostolica Armena è presente in Italia con sede centrale nella Chiesa dei Quaranta Martiri, sita a Milano dagli anni ‘50. Centinaia di armeni vivono in città e nella provincia di Milano. Esiste la Casa Armena, l’Unione degli Armeni d’Italia, il Consolato Onorario della Repubblica Armena. Il Pastore della Chiesa Armena di Milano viene considerato anche il Pastore degli Armeni d’Italia, sono affidate alle sue cure le anime degli armeni dimoranti a Roma, a Bari, a Torino, a Perugia, a Venezia e in tutte le città dove essi abitano. Le relazioni fra i due popoli si sviluppano armoniosamente. Il popolo italiano, del resto, è stato sempre molto solidale con gli armeni, in modo particolare negli anni della grande tragedia che ci ha colpito nel 1915 e durante il 1988, quando ci fu un terribile terremoto in Armenia, aprendo le sue porte e il suo cuore ai tanti che avevano bisogno di una concreta solidarietà. Sfruttando l’occasione desidero ancora una volta ringraziare di cuore l’intero popolo italiano, augurando ogni bene e una rapida soluzione di tutti i problemi che attanagliano l’intera umanità.
Celebrate il Natale congiuntamente con l’Epifania, ossia il 6 gennaio. Da che deriva questa usanza?
Padre Tovma: Prima di tutto desidero ricordare che fino al IV secolo tutte le Chiese, l’intera Cristianità commemorava la Nascita del Nostro Signore il 6 di gennaio. La data fu poi spostata per far dimenticare al popolo una importante festività pagana che cadeva il 25 di dicembre, lasciando sempre al 6 di gennaio la Festività dell’Epifania del Nostro Signore. La Santa Chiesa Apostolica Armena conserva questa antichissima tradizione della Cristianità e commemora assieme il 6 di gennaio sia la Natività che l’Epifania del Nostro Signore.
Vuole parlarci delle vostre tradizioni natalizie e di come le varie comunità armene in Italia si stanno preparando al Santo Natale?
Padre Tovma: Una settimana prima della Nascita del Nostro Signore i fedeli della Chiesa Apostolica Armena entrano in un periodo di digiuno; la notte del 5 gennaio, alla Vigilia di Natale che noi chiamiamo Djrakaluytz, si fa una solenne Santa Messa, che in lingua armena si chiama “accensione della lampada”. Tutti i fedeli, al termine della celebrazione, portano nelle loro case una candela accesa che rappresenta la Stella di Betlemme. Alla fine della Santa Messa del 6 gennaio invece, viene benedetta l’acqua e vi viene immersa dentro una croce che rappresenta il Segno del Signore, è acqua che dopo la benedizione bevono i fedeli e chi desidera può anche portarne un po’ a casa per accostarla ai malati. L’acqua benedetta viene consacrata con la Santa Cresima che nella tradizione della Chiesa Apostolica Armena viene Benedetta ogni sette anni da parte del Catolicos di Tutti gli Armeni, con l’uso di petali di decine di tipi di fiori raccolti in ogni angolo dell’Armenia. Questa Santa Cresima viene poi inviata in tutte le Chiese Armene esistenti in ogni angolo del mondo. A Milano, dopo la Santa Messa della domenica, viene servito ai fedeli e agli ospiti una pranzo festoso. Dopo la Festività di Natale, tutti i sacerdoti della Chiesa Armena visitano le famiglie, portando la Buona Novella e benedicendo in questa occasione le case dei fedeli.
Submitted by Anonimo on Tue, 07/01/2014 - 08:25