(di Alessandro Aramu) - Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha presentato all'Assemblea Generale il rapporto finale della commissione, guidata da Ake Sellstrom, incaricata d'indagare sulle armi chimiche in Siria. "Prendo atto con profonda preoccupazione che gli esperti Onu hanno raccolto prove e informazioni che confermano l'uso di armi chimiche in diverse occasioni e in più siti contro civili e contro obiettivi militari", ha spiegato Ban, condannando tali atti e invocando la fine del conflitto siriano”.
Le Nazioni Unite hanno quindi accertato l'utilizzo di armi convenzionali in almeno 5 occasioni e, proprio come aveva sottolineato in passato Carla Dal Ponte, membro della Commissione Onu sulle violazioni ai diritti umani in Siria, in molti casi i responsabili sono i ribelli armati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita, Turchia e Qatar.
Le armi chimiche sono state utilizzate contro i soldati e i civili. Così è accaduto a Khan al-Asal, vicino ad Aleppo, con la morte di 25 fra civili e soldati, e il ferimento di altri 110, a marzo 2013; o a Jobar, in agosto; o ad Ashrafiah Sahnaya, lo stesso mese.
La Commissione ha stilato il suo rapporto lavorando nei Paesi vicini, intervistando profughi, disertori, membri d'opposizione. E sul territorio, con telefonate e via Skype. Sono stati esaminati 14 casi sospetti ma si è giunti a prove concludenti solo in 5 casi, con la certezza che almeno in 3 di questi i responsabili siano stati i miliziani anti Assad.
Il Segretario generale, non senza imbarazzo, si è ben guardato dal dire che la linea rossa è stata superata più volte da quelle milizie sostenute dall'Occidente e dalla comunità internazionale. Una cautela che invece non aveva avuto dopo l'attacco di Goutha, nella periferia di Damasco, lo scorso 21 agosto quando, senza alcuna prova decisiva, aveva puntato l'indice contro Assad. Se è vero che il compito della commissione era stabilire se fossero state usate armi chimiche e non di individuarne i responsabili, non si capisce proprio perchè Ban non abbia detto che a varcare quella famosa linea rossa siano stati i ribelli, ingenerando in molte persone la falsa convinzione che il responsabile di tutti quegli attacchi fosse sempre il solito Assad.
Un silenzio singolare. Per fortuna che c'è il rapporto dell'Onu.
Il sospetto è che Ban Ki-moon abbia ceduto alle pressioni di Obama, che a sua volta avrebbe mentito all'opinione pubblica americana. Il presidente degli Stati Uniti, come sta emergendo con chiara evidenza in queste ultime settimane, avrebbe ignorato le informazioni che i servizi segreti americani avevano fornito alla sua amministrazione, informazioni che dicevano con chiarezza che una parte dei ribelli jihadisti fosse nella disponibilità di costruire e utilizzare armi chimiche.
L'omertoso imbarazzo dell'Onu si è accompagnato al silenzio di chi era pronto a scatenare una guerra contro il popolo siriano sulla base di prove parziali e spesso false.
Fa bene il giornalista Marco Tosatti, su La Stampa, a ricordare la suora Agnes-Mariam de la Croix, una delle tante figure che nel corso del conflitto siriano hanno tentato di squarciare il muro di menzogne costruito dai governi con la complicità di un sistema mediatico capace di produrre solo cattiva informazione. Una manipolazione delle notizie e dei fatti che ha generato nell'opinione pubblica la convinzione che da una parte ci fosse un dittatore sanguinario e dall'altra una schiera di comattenti per la libertà e la democrazia. Niente di più falso.
Agnes-Mariam, che ha dato vita a un movimento chiamato Mussahala (Riconciliazione), chiede da tempo che la guerra si fermi e le diverse parti in conflitto si siedano al tavolo della trattativa. La suora è mal digerita dall'Occidente perchè ha detto senza mezzi termini che i “ribelli” si sono mostrati senza esitazione più crudeli dell’esercito siriano: “In Siria – ha dichiarato - tutti sono in pericolo. C’è stato il caso di leader religiosi musulmani rapiti e decapitati. Sono stati umiliati e torturati. Gli ismaeliti, i drusi, i cristiani, gente di ogni parte della società siriana sono uccisi in massa. Voglio dire che se questi macellai non avessero l’appoggio internazionale, nessuno avrebbe avuto il coraggio di varcare quella linea. Ma oggi, sfortunatamente, la violazione dei diritti umani e il genocidio in Siria sono coperti a livello internazionale”.
Per questa sua posizione, la religiosa è stata definita "un'apologa di Assad". Lo scorso 30 novembre Suor Agnes era stata invitata a parlare alla conferenza internazionale di “Stop the War” a Londra ma nella liberale Gran Bretagna si è scatenata una campagna diffamatoria nei suoi confronti, un linciaggio politico e mediatico che ha costretto la religiosa a fare un passo indietro. Di fatto le è stato impedito di parlare.
Agnes Mariam è solo una delle tante persone che in quasi 3 anni di guerra ha tentato di fornire una verità diversa da quella costruita dall'informazione main stream. Le comunità cristiane presenti in Siria hanno denunciato fin dall'inizio del conflitto gli orrori commessi nei loro confronti dai ribelli e da quelle milizie straniere che, sotto la bandiera di al Qaeda e della jihad islamica, hanno definitivamente avuto il sopravvento sull'opposizione laica e moderata. La rivoluzione democratica, semmai è esistita, è morta e sepolta. Non c'è un'opposizione unitaria (nè politica nè militare) ad Assad ma almeno 800 fazioni che combattono, spesso tra di loro, solo per la conquista del potere.
A dimostrare ciò è arrivata la notizia che il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito libero siriano (Esl), Salim Idris, è stato costretto a lasciare la Siria e a rifugiarsi a Doha, in Qatar, dopo che il Fronte islamico ha preso il controllo delle basi» dell’Esl il 7 dicembre, vicino al valico di frontiera con la Turchia di Bab el-Hawa. Il 10 dicembre, invece, il Fronte islamico ha preso il controllo dello stesso valico. Da qui la decisione degli Stati Uniti di sospendere tutti gli aiuti non letali destinati alle forze di opposizione nel nord della Siria e di Ankara di chiudere il lato turco del valico. Anche un portavoce del Fronte islamico ha confermato che Idris ha lasciato il Paese diretto in Turchia. La notizia è del Wall Street Journal che ha citato fonti ufficiali americane.
Insomma, per l'Occidente, Stati Uniti in testa, è una sconfitta su tutti i fronti, anche perchè non solo non hanno indebolito al Qaeda ma l'hanno armata fino a portarla alle porte dell'Europa. Senza considerare la presenza dei tanti giovani europei che combattono in Siria al fianco delle milizie del terrore e che rappresentano una delle principali minacce per gli stati del vecchio continente. Secondo i dati dell'intelligence i numeri sono in crescita, ci sono stati i primi ritorni e ci sono casi di persone che viaggiano avanti e indietro tra la Siria e l'Europa.
Secondo le stime dell’International Center for Study of Radicalization, i giovani occidentali di fede musulmana che dal 2011, zaino in spalla, sono partiti per combattere al fianco dei ribelli sono circa 600, "il 10% dei circa 6.000 combattenti stranieri che in totale sono entrati in Siria, soprattutto dal Medio Oriente e dal Nord Africa". Altri rapporti parlano di oltre un migliaio di giovani europei che combattono sotto le insegne di al Qaeda, pronti a tornare in Europa per scatenare il terrore anche nei luoghi dove sono nati. La guerra in Siria non è mai stata così vicina. La guerra ora è anche in casa.
IL RAPPORTO FINALE SULL'USO DELLE ARME CHIMICHE IN SIRIA - ENGLISH VERSION
http://www.globalresearch.ca/the-un-mission-confirms-that-rebels-were-in...
weapons/5361459
SIRIA, QUELLA SUORA NON DEVE PARLARE...
http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/...
TERRORISMO: COMBATTENTI UE IN SIRIA GRAVE MINACCIA PER L'EUROPA
http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/politica/2013/12/05/Terrorism...
Alessandro Aramu
14 dicembre
Submitted by Anonimo on Sun, 15/12/2013 - 21:22