Siamo appena sbarcati dall'aereo a Khartoum, a notte fonda, e loro sono li che ci attendono per un saluto formale. Sono i rappresentanti del Ministero degli Esteri, di cui siamo ospiti, che ci accompagneranno in questi giorni in Sudan e garantiranno la nostra sicurezza. Ho notato subito il sorriso di uno di loro, un giovane dal portamento elegante, si chiama Omar.
Nei sette giorni che abbiamo trascorso li, fra Khartoum e il Darfur, il suo sorriso non ci ha abbandonato mai. La mattina era in hotel ad attenderci al risveglio e la sera ci riaccompagnava. Il giovane sudanese con un sorriso cordiale era il nostro guardaspalle nel marasma di un suk a Khartoum come in Darfur, l'apripista all'Università fra gli studenti, la guida nel campo profughi di Abou Shok o il garante all'aeroporto quando dovevamo andare in Darfur e rischiavamo di non partire per problemi burocratici. In tutti i luoghi che abbiamo visitato, Darfur compreso, lui conosceva qualcuno, all'università studenti, al mercato venditori, in aeroporto funzionari, conoscenze che abbiamo capito non essere superficiali da come li salutava, nel modo tipico dei sudanesi con un tocco reciproco con la mano sulla spalla destra seguito da un lungo abbraccio. Apriva sempre le porte con gentilezza ma con sicurezza, Omar, era la nostra ombra, il nostro spirito guida.
Ho temuto per lui una notte in Darfur quando dopo cena è stato male. Si contorceva per il dolore al ventre invocando l'aiuto di Allah e lo abbiamo fatto accompagnare all'ospedale. In attesa di sue notizie eravamo preoccupati, avendo mangiato le stesse cose, ma anche quando abbiamo capito che per noi non ci sarebbero stati problemi la preoccupazione è rimasta e il sonno non è arrivato finché lui a notte fonda non è stato riaccompagnato alla nostra dimora. Alle sei e mezza del mattino il suo sorriso era li con noi, nella sala della preghiera, col Governatore e i suoi consiglieri. Con loro ha pregato, insieme abbiamo fatto colazione e lui sorrideva come sempre, come se niente fosse accaduto.
Ha raccontato di essere sposato e di avere tre bambine e non si fa nessuna fatica a immaginarlo mentre gioca con loro insieme alla sua sposa, che immagino bellissima come tutte le donne sudanesi. Si sta laureando in comunicazione e mi ha confessato che la sua aspirazione è fare il giornalista televisivo. Ha il phisique du role, non c'è dubbio, un viso cordiale e il sorriso che conquista, appunto.
L'ultimo giorno, al commiato, in segno di amicizia gli abbiamo regalato la bandiera dei quattro mori, proprio come al Governatore del Darfur. Ha capito l'importanza simbolica di quel regalo e si è commosso, l'ha baciata e ci ha ringraziato con il suo largo sorriso. Spero di incontrarli ancora, Omar, il suo sorriso e sua terra, il Sudan.
Franco Murgia
Submitted by Anonimo on Wed, 08/02/2012 - 14:38