Non è facile ottenere il permesso per accedere ad un’università essendo liberi di poter intervistare e parlare con gli studenti. All’Università del Sudan per le Scienze Tecnologiche si respira un bel clima, ragazze e ragazzi insieme passeggiano, discutono, pregano, si accompagnano. Inizialmente sono un po’ diffidenti ma poi cominciano i capannelli, un po’ di curiosità, voglia di comunicare. Spunta fuori anche il solito milanista di turno, anche qui noi italiani siamo identificati con il calcio, ma poi si parla d’altro. Non hanno problemi a rilasciare interviste, vogliono spiegare cosa è il Sudan di oggi, parlano tranquillamente del ruolo delle donne. Il 60% degli studenti che frequentano le università sudanesi sono di sesso femminile, le famiglie incentivano fortemente lo studio delle proprie figlie. Le ragazze sono molto aperte, pochissime portano il velo, la maggior parte indossa chador coloratissimi. È l’ora della sosta, molti gruppi seduti per terra nei giardini, formano dei cerchi, ragazzi e ragazze che parlano fra loro. Dalle loro parole emerge l’orgoglio dell’appartenenza e la voglia di gridare al mondo il fatto che si sentono liberi, che in Sudan esiste un islam moderato e democratico che promuove il dialogo e che si integra con le altre confessioni religiose. Incuriosisce il loro modo di salutarsi, comune a tutti i sudanesi, un saluto cordiale, caldo ed amicale. Toccarsi reciprocamente la spalla destra in una sorta di semi abbraccio per poi stringersi la mano. Un gesto armonioso che all’inizio può apparire folcloristico ma che rappresenta un segno forte di amicizia e complicità mascherato da un gesto che più che un saluto sembra un movimento di danza. Così si salutano i Sudanesi. Gli anni di isolamento hanno reso questo popolo diffidente e i giovani, quei ragazzi, vogliono far sapere al mondo quanto sia importante l’azione che questo Governo sta facendo per far progredire il loro Paese. Questo Stato un po’ arabo e un po’ africano dove due culture, due modi di vivere, di apparire si integrano perfettamente nei modi, nei comportamenti, nel vestire, negli stili costruttivi, nelle tradizioni. Da quando il Sudan si è diviso paradossalmente la situazione generale è migliorata, sono finiti i conflitti e si riescono ad affrontare con più semplicità e forza i problemi reali. Non è facile per le famiglie di questi giovani mantenere i propri ragazzi agli studi. Una di loro ci racconta che un padre che riesce a far istruire tre figlie merita tutti i favori di Dio. È bella questa loro consapevolezza dell’importanza dell’impegno per la propria crescita personale credendo che questa possa contribuire alla crescita dell’intero Paese. Non trovi questa consapevolezza nei nostri giovani, l’idea di essere parte, di essere un elemento importante per la crescita politica ed economica del proprio Stato è un concetto che oggi in occidente è schiacciato dall’egoismo e dall’individualismo figlio di questo mondo globalizzato. I giovani sudanesi vivono il loro impegno nello studio con motivazioni più complesse, più profonde che vanno oltre il proprio destino personale. Questa è la forza di questo popolo che negli ultimi quindici anni è riuscito ad eliminare importanti sacche di povertà. Non si vedono più quelle masse di bambini che affollavano le strade di Khartoum solo dieci anni fa, oggi il Sudan rappresenta la porta dell’Africa verso l’est e dall’est sono arrivate imprese, uomini, tecnologie che gli consentono di poter mantenere la propria vocazione agricola senza dover patire la fame. Questo pezzo d’Africa dove confluiscono e si riuniscono i due rami del Nilo oggi sempre più mostra come la faccia democratica dell’Africa possa vincere fame e disperazione grazie alla determinazione di un popolo che ha fatto della dignità la propria bandiera. I giovani di oggi dell’Università del Sudan sono l’anima plurale e democratica da cui nascerà il nuovo Sudan.
Raimondo Schiavone
Submitted by Anonimo on Mon, 30/01/2012 - 08:35