Unione Sarda - La primavera araba sbocciata e sfiorita Raimondo Schiavone di Assadakah la racconta in “Syria”


«La vita scorre come sempre a Damasco. Non è, come si racconta, una città affamata. Certo, spesso dai quartieri periferici si solleva una colonna di fumo. Dal colore, bianco o nero, è possibile individuare la natura dell'esplosivo utilizzato dai governativi per i cannoneggiamenti». Raimondo Schiavone è tornato a Cagliari da poco più di una settimana. Il ruolo di segretario nazionale di Assadakah, il “Centro italo-arabo e del Mediterraneo”, lo ha portato prima a Beirut poi nella capitale siriana, cuore di una guerra che ormai ha causato, secondo l'Onu, oltre 100.000 vittime.

La lunga onda della primavera araba aveva tracciato un solco mediatico pressoché univoco. In Tunisia, Egitto, Libia e Siria la collettività oppressa si era ribellata agli autoritarismi nati nella placenta postcolonialista. A due anni di distanza i fantasmi del disordine e dell'estremismo fluttuano ovunque nel mondo arabo baciato dalla primavera. La deposizione dei satrapi ha scoperchiato il vaso di pandora. In Siria gli entusiasmi democratici sono stati smorzati dalle vittorie sul terreno delle truppe lealiste e dalla guerra interna al fronte dei ribelli. L'iniziale manicheismo narrativo si è sciolto nella torbida ambiguità di qualsiasi conflitto armato. Molto di questo presente si trova in “Syria”, volume edito nel 2012 da Arkadia e curato da Schiavone con il contributo di Alessandro Aramu, Antonio Picasso e del giornalista libanese Talal Khrais. Il libro inserisce la guerra siriana all'interno di nuova tensione bipolare: da una parte l'Occidente, la Turchia neo-ottomana e le petromonarchie del Golfo. Dall'altra Russia, Cina, Iran e il partito libanese Hezbollah. «Il Qatar gioca in Siria come al casinò», sostiene Schiavone. «I soldi finiscono a gruppuscoli di mercenari provenienti da tutto il mondo: Cecenia, Afghanistan, Belgio, Usa. Poi al-Qaeda, e il cosiddetto Esercito libero, all'interno del quale esiste una parte “buona”. Non si può dire che il regime di Assad non necessitasse di una riforma democratica».
Un conflitto che mette a rischio il tradizionale rispetto per le minoranze religiose: «La laicità dell'impianto istituzionale siriano è fortissima. Tutte le minoranze religiose sono tutelate, contrariamente a quanto si assiste nelle zone amministrate dai salafiti, che ritengono infedele chiunque non condivida il loro credo» racconta Schiavone. Una prospettiva sul conflitto che Maria Saadeh, deputata cristiana del partito d'opposizione al governo di Assad, avrebbe voluto presentare al governo italiano. Nel settembre 2012 i visti sono stati negati alla delegazione. L'iniziativa di Assadakah, supportata dal presidente della commissione esteri del senato Lamberto Dini, è stata bloccata dall'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi. «Maria Saadeh ha nuovamente fatto richiesta al governo italiano», spiega Schiavone. «Contatteremo la Farnesina. Ascoltare un'altra versione è fondamentale. In Siria i cristiani combattono al fianco di Assad. È il male minore. Non possiamo, dicono, unirci a coloro, i salafiti, che domani vorranno la nostra morte».
da Unione Sarda - Luca Foschi



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