(Alessandro Aramu) – Per capire, o soltanto conoscere, quel che accade in Medio Oriente è consigliabile fare una lettura dei giornali stranieri. Il consiglio è di leggerne il più possibile. Si scoprirà una massa di informazioni che i media italiani normalmente censurano o cestinano, a favore di notizie che hanno a che fare con la politica dei palazzi, la cronaca nera o il gossip.
Ad esempio, si scoprirà che Stati Uniti e Arabia Saudita hanno raggiunto un accordo per fornire decine di migliaia di armi e milioni di proiettili ai ribelli armati in Siria. La notizia arriva dal quotidiano statunitense Wall Street Journal. Il giornale rivela che il piano sarebbe stato sviluppato la scorsa estate dal presidente Barack Obama in persona, ai tempi in cui il premio nobel meditava una guerra su larga scala nei confronti della Siria con l’obiettivo di destituire il presidente Assad. Un’estate caldissima, con l’attacco chimico a Ghouta e i venti di guerra che soffiavano sul Mediterraneo. Obama era preoccupato per le perdite subite dai ribelli e lavorava per l’invio massiccio di armamenti in Siria. Un nobel per la pace con i fiocchi, verrebbe da dire.
“Un gruppo americano, guidato da ex funzionari del Pentagono – si legge sul Wall Street Journal - ha proposto anche l’acquisto di 70.000 armi offensive fatte in Russia e 21 milioni di proiettili presumibilmente per il libero esercito”. Le armi, e questa è la parte più inquietante della storia, sarebbero finite anche nelle mani dei Black Water, un gruppo di mercenari che opera in Siria. A dirlo è Joseph Schmitz, ex ispettore generale del Pentagono ed ex capo dei Black Water, che ha aggiunto che anche Erik Prince, fondatore dei Black Water, è direttamente coinvolto nel piano, avendo proposto la formazione e la supervisione degli armati che combattono sul terreno. I Black Water, per chi non se lo ricordasse, sono noti anche per gli abusi commessi in Iraq. Tortura facile e sangue alla Pulp Fiction. Ma quella è realtà, non un film da vedere distesi sul divano. I Black Water sono una vera schifezza, criminali che operano con l’assenso della Casa Bianca. Il piano è così discusso che un alto responsabile dei servizi segreti statunitensi in Giordania, scrive il quotidiano americano, avrebbe persino chiesto a un funzionario saudita ad abbandonare questo progetto.
Rimanendo in Siria fanno notizia le dichiarazioni, rilanciate dalla Tv di Hezbollah Al Manar e rilanciate in Italia dal sito Controinformazione.info, dell’ex ambasciatore francese Michel Raimbaud. Cosa dice il diplomatico? Prima di tutto che “l’opposizione che si supponeva pacifica, quella a cui hanno dato appoggio i dirigenti occidentali e francesi e i loro amici islamisti della Turchia, dell’Arabia Saudita e del Qatar, è riuscita per molto tempo a mantenere una illusione e dissimulare la sua enorme responsabilità in questo bilancio. Adesso che iniziano a sciogliersi le lingue – continua – nessuno può continuare ignorando che la denominata opposizione è ricorsa alle armi senza aspettare di vedersi sorpassata dai selvaggi jihadisti (integralisti islamici) che stiamo vedendo in azione da circa 2 anni”. Di queste dichiarazioni non v’è traccia in Italia, nessuno dei media nostrani, tranne qualche eccezione, si preoccupa di fornire una giusta chiave di lettura di ciò che sta accadendo in questo paese. Soltanto il rapimento del giornalista Quirico e le sue dichiarazioni dopo il rilascio hanno aperto uno squarcio di verità nel muro di menzogne. È ancora troppo poco anche perché il bravo Quirico può raccontare non la guerra in Siria ma la storia del suo rapimento. È un testimone di se stesso non di quello che, a sua insaputa, gli è capitato intorno per molti mesi.
Le immagini di Homs liberata che l’Occidente ha ignorato, come ha sottolineato il giornalista del Sole 24 Ore Alberto Negri, sono significative di un’altra verità. Una verità che spiega bene Raimbaud: “I siriani, nella loro grande maggioranza – e basta ascoltare gli innumerevoli testimoni per convincersi di questo- vedono solo una soluzione per uscire da questo inferno: l’Esercito Nazionale, il cui intervento – dicano quello che vogliono dire i falsari che dissimulano le verità scomode- viene desiderato e non temuto, rappresenta l’unica speranza di salvezza”. Sottolinea ancora il diplomatico: “L’Esercito Arabo Siriano, che è composto da reclute, simboleggia l’unità della Nazione, Assieme al presidente Bashar al Assad, l’Esercito Nazionale siriano è la garanzia della personalità dello Stato e delle sue istituzioni. I residenti dei quartieri coinvolti nella disgrazia della “rivoluzione”, stabiliscono spontaneamente la differenza tra l’esercito regolare e i selvaggi mercenari che pretendono di imporre una legge di altri tempi e non ci sono dubbi. Questo si riscontra quando scattano le foto per immortalare l’accoglienza che dispensano ai loro soldati che li liberano dei supposti “liberatori”, come successo recentemente ad Homs”.
La lettura dell’articolo dell’ex ambasciatore francese è in grado da sola di far sgretolare la montagna di false notizie che la stampa occidentale, tanto celebrata dai finti festival del giornalismo, ha riversato sull’opinione pubblica mondiale in questi anni. La responsabilità dei media è enorme. Soprattutto pensando ai morti che certe corrispondenze hanno occultato se non favorito.
Dalla Siria passiamo al Libano e Israele. Tel Aviv per la prima volta ha ammesso la sua impotenza di fronte ai missili di Hezbollah. Il direttore del ministero degli affari politici e militari israeliane, Amos Giladha, ha dichiarato che Israele non è riuscito a fermare Hezbollah dal rifornimento dei razzi ad alto potenziale, aggiungendo, quindi, che in futuro il regime israeliano si troverà ad affrontare una “tempesta” .
Queste parole sono state rilanciate dai media israeliani e libanesi. In Italia, ovviamente, non ve n’è traccia. La notizia è che l’Iran ha rifornito Hezbollah di un elevato numero di missili (e questo si sapeva) e lo ha fatto sotto il naso di Tel Aviv senza che se ne accorgesse (e questo fa indubbiamente sorridere). Allo stato attuale i miliziani di Hezbollah sarebbero in possesso di circa 100 mila missili. Laconico il commento del funzionario israeliano: “Questo è diventato una minaccia militare e non una minaccia terroristica”. Alla faccia di quegli analisti italiani che ancora oggi, non memori della guerra del 2006, ipotizzano per Israele una facile vittoria in caso di guerra nel Libano del Sud. Si sa: in Italia c’è sempre qualcuno che è più realista del re. (twitter@AleAramu)
Inviato da Anonimo il Gio, 22/05/2014 - 09:30