(Talal Khrais) - Non è stata sorprendente la vittoria di Recep Tayyip Erdogan nelle elezioni amministrative che si sono svolte in Turchia. Il dittatore, dopo tutto, non ha lasciato spazi di libertà, di opinione e di propaganda ad altri partiti, ha chiuso una televisione dell’opposizione e ha fatto incarcerare i giornalisti scomodi. La repressione nel paese, trasformato in un vero e proprio stato di polizia, ha raggiunto il suo massimo dalla seconda guerra mondiale fino ad oggi.
La Turchia è infatti ancora maglia nera nel mondo per numero di giornalisti in carcere, secondo quanto rileva il Comitato Internazionale per la Protezione dei Giornalisti (Cpj). Al primo dicembre 2013, secondo il Cpj, citato da Hurriyetonline, nel paese della mezzaluna rimanevano in detenzione almeno 40 giornalisti - contro 61 nell'ottobre 2012. I dati del 2013 sono sconosciuti perché la censura di governo è più forte che mai.
Quello che certamente si può dire è che in Turchia ha vinto la politica dell’instabilità e la guerra condotta da un Paese della NATO verso uno Stato sovrano. L’odio religioso e razziale, alimentato da Ankara, è arrivato a un punto drammatico. I terroristi, sostenuti dal nuovo imperatore ottomano, distruggono le chiese, uccidono i cristiani e i musulmani moderati. La loro opera di morte nei confronti degli armeni continua senza sosta. Incominciata con l’eccidio del 1915, è proseguita fino alla settimana scorsa a Kassab, un antico villaggio al confine con la Turchia, dove hanno ucciso almeno 80 persone e distrutto i loro simboli.
I giornalisti presenti nel nord del paese hanno confermato che l’apertura del confine, per far entrare circa 5 mila islamisti di al Qaeda, è avvenuta per mano dell’esercito turco. La Siria e la Turchia hanno un accordo, che dura da 40 anni, che vieta la presenza dell’esercito turco sul confine. Quell’accordo è stato violato. Erdogan non ha negato l’accaduto e, attraverso il suo entourage, ha fatto trapelare la notizia circa la sua intenzione di “allontanare” gli armeni dal Medio Oriente.
Il premier islamico turco, ben prima che si chiudessero le urne, si era (auto)proclamato vincitore. All’esito del voto, ha lanciato un avvertimento verso “chi ha tradito la nazione”. Insomma, ha nuovamente dichiarato guerra contro l’opposizione: «Pagheranno - ha insistito il premier - per quello che hanno fatto. Oggi il popolo ha smascherato i piani e le trappole immorali».
Il leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, lo ha accusato durante la campagna elettorale di essere il «Primo Ladro» e un «Dittatore», facendo ascoltare durante i comizi le registrazioni compromettenti uscite su Twitter e Youtube prima della loro interdizione. Erdogan, dal suo canto, pensa di organizzare lui stesso una nuova opposizione, insistendo sul fatto che il popolo ha bisogno di una nuova Turchia. Una Turchia che sarebbe nata proprio con la vittoria alle elezioni amministrative.
Malgrado la repressione, la censura e le ingenti somme di denaro sperperate in questi anni di governo, il partito islamico Akp, con il 50% delle schede scrutinate, è il primo con il 46,8%. Il primo partito dell’opposizione, il Chp del socialdemocratico Kemal Kilicdaroglu, si ferma al 28%, i nazionalisti del Mhp al 14.6%, i curdi del Bdp al 5%. Non è poco per riorganizzare un’opposizione contro i tanti mali della Turchia: crisi economica, corruzione, compressione delle libertà, violazione dei diritti civili e guerra in Siria.
Inviato da Anonimo il Lun, 31/03/2014 - 09:10