Siria e Ucraina: propaganda mediatica per ingannare l’opinione pubblica e giustificare interventi militari


crimea russia(Talal Khrais – Homs) Ormai da più giorni sono nella provincia di Homs in attesa dell’avanzata decisa dell’Esercito Arabo Siriano per la presa della strategica città di Yabroub, sui monti del Qalamoun al confine con il Libano. L’esercito regolare ha completamente circondato la città lasciando aperti due passaggi: uno per i civili e l’altro per i terroristi che decidano di arrendersi e di sanare la loro posizione. In questi giorni ricorre il terzo anniversario dello scoppio delle proteste in Siria, poi trasformatesi in guerra e ripenso a come si è evoluto il conflitto, alle ingerenze straniere, al rischio di una guerra internazionale contro questo paese. Ricevendo le notizie che arrivano dall’Ucraina non posso non pensare alle analogie tra le crisi che hanno investito i due paesi. In nome della Democrazia e dei Diritti Umani Occidentali si è distrutto un paese, la Siria, favorendo l’ingresso di più di 150 mila miliziani stranieri oltre che di armi, e si rischia di scatenare un conflitto ancora più drammatico in un altro, l’Ucraina. Bisogna tener presente innanzitutto che quello che è successo e sta succedendo ha più a che fare con interessi geopolitici che con i bisogni dei popoli. La strategia americana è volta innanzitutto a contenere e limitare le aree di influenza della Russia, per indebolirla circondarla e per arrivare un giorno a minacciare un altro gigante economico, la Cina. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, malgrado la buona volontà della Russia di cooperare e collaborare con gli Stati Uniti e l’Europa, questi ultimi hanno continuato ad estendere la loro egemonia verso est, con l’ingresso nella NATO di molti paesi e con il dispiegamento degli scudi missilistici in Polonia e Turchia. Come è successo per la Siria, così sull’Ucraina vengono diffuse informazioni manipolate e false promesse e l’opinione pubblica occidentale non riesce a distinguere tra informazioni e propaganda. Servizi falsi ed immagini impressionanti che vengono ripetute per giustificare una politica espansionistica ed un possibile intervento militare. Portare il paese sull’orlo del collasso e accusare il presidente Yanukovich , per poi affermare che la NATO non può rimanere passiva a questa situazione e minacciare l’invio di truppe per ristabilire l’ordine. Ormai il copione presentato dai cosiddetti giornalisti è noto: il popolo che si ribella con manifestazioni pacifiche contro una dittatura illegittima che risponde immediatamente con al repressione. Un deja vu già visto purtroppo altrove, e questa volta l’opinione pubblica ha cominciato a rendersi conto dell’illusione e dell’inganno. Non ci è voluto molto perché emergesse che i violenti di piazza Maidan a Kiev non erano i poliziotti ma coloro finanziati e supportati dall’esterno per creare disordine e rovesciare con la violenza il legittimo presidente Yanukovich, eletto con regolari elezioni così come confermato da tutti gli osservatori internazionali presenti in Ucraina. Chi ha eletto i nuovi governanti ucraini e a che titolo le cancellerie straniere trattano con i golpisti? Queste stesse cancellerie dichiarano illegittimo il referendum deciso dalla Crimea per chiedere l’indipendenza dall’Ucraina e l’annessione alla Russia. In realtà il referendum non viola la Costituzione Ucraina, ma soprattutto le diplomazie occidentali dimenticano del loro comportamento verso il Kosovo, del quale hanno sostenuto la richiesta e ne hanno prematuramente riconosciuto l’indipendenza. Altro pretesto circolato in questi giorni da Bruxelles è che i cittadini europei vogliono che l’Ucraina entri a far parte dell’Unione. I cittadini europei, data anche la pesante crisi economica, non avranno ne la voglia ne l’interesse ad accollarsi la gravissima situazione economica dell’Ucraina: chi pagherà i primi 15 miliardi di euro che servono per risollevare le casse ucraine? Chi sanerà questo disastro? Qualora dovesse sfuggire di mano la questione ucraina, si rischierebbe addirittura di mettere a rischio la pace in Europa.