Una giovane cristiana è stata barbaramente torturata e violentata dal gruppo di Al Nursa, in Siria. La famiglia e il sacerdote, -secondo una fonte medica dell’ospedale di Al Hasaka-, hanno portato la ragazza al pronto soccorso per le prime cure del caso. Il corpo presentava grosse ferite, ed era sanguinante a causa dello stupro subito dai fondamentalisti islamici. Il padre è stato picchiato a morte. I genitori hanno assistito alla violenza legati alla sedia, pregando di morire, piuttosto che vedere la figlia violentata dai terroristi. Nella mente si sono affollati tanti pensieri, chiedendosi il perché di tanta brutalità. La storia ci ricorda gli omosessuali malvagi descritti in Giudici 19,25, durante la violenza perpretata contro una donna poi uccisa. L’orribile omicidio ha scatenato la guerra di Ghibea, in cui gli israeliti giusti sconfissero la tribù di Beniamino. Se allora quel delitto ha provocato una guerra cosa dovrebbe scatenare la violenza compiuta contro la ragazza siriana? Non dobbiamo dimenticare coloro che sono stati uccisi in odio alla fede. In Siria, Il contributo di ciascuno è importante per salvare la vita dei cristiani, i quali sono uccisi, torturati, massacrati, deportati. Le donne sono oggetto di violenze fisiche da parte delle brigate islamiche di Al-Nusra e dello Stato Islamico del Sol levante (ISIS). Tante volte, i cristiani preferiscono morire piuttosto che essere catturati dai criminali islamici radicali.
Le minacce e le aggressioni riguardano la maggior parte dei cristiani in Siria. Le comunità più antiche dove si parla ancora la lingua di Gesù, sono oggetto di continue vessazioni. La Chiesa di San Paolo a Damasco, che ricorda la conversione dell’Apostolo è a rischio di distruzione. I cristiani sono presi di mira con esecuzioni sommarie e violente. Sono costretti a convertirsi all’islam. Quando avviene la conquista di un villaggio, i cristiani sono costretti ad abbandonare le case. Diventa difficile sopravvivere alle nuove regole imposte dai gruppi terroristici. Lo stupro di massa consumato sulle donne siriane, dovrebbe risvegliare la coscienza della comunità internazionale, per reagire con fermezza a simili atrocità.
Comunicato stampa del centro Centro Italo-Arabo e del Mediterraneo Italian-Arab and Mediterranean Center, sulla liberazione delle suore di Maaloula: “Assadakah Centro Italo Arabo e del Mediterraneo esprime grande soddisfazione per la liberazione delle 13 suore del convento greco-ortodosso di Santa Tecla di Maaloula rapite lo scorso dicembre dal gruppo terroristico islamista di Jabat al Nusra e condotte nella vicina città di Yabrud. Il rapimento delle suore è diventato in questi mesi l’emblema della condizione dei cristiani in Siria, costantemente minacciati dai gruppi islamisti e jihadisti. Una situazione denunciata più volte dall’associazione Assadakah, anche nel libro “Syria – Quello che i media non dicono” dove si racconta la visita della sua delegazione nel convento di Santa Tecla e l’incontro con le suore che in questi mesi sono state tenute in ostaggio dai terroristi. “In quel viaggio, – ricorda il segretario generale Raimondo Schiavone – l’incontro con numerosi religiosi cristiani ha consentito di svelare una verità che il mondo intero per almeno due anni ha ignorato. Per questa ragione, Assadakah si rallegra per la liberazione delle religiose e si augura di poterle riabbracciare quanto prima in una Siria finalmente pacificata e liberata dal terrorismo”.
“Il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente invita tutte le parti in causa nel conflitto siriano a mettere fine al terrorismo, alla violenza e ai rapimenti. Non possiamo dimenticare tutti gli altri ostaggi in mano ai terroristi. Siamo tutti invitati a pregare affinchè in Siria possa tornare la pace e il rispetto della dignità di ogni uomo, donna, bambino. Chiediamo per il futuro di evitare in nome di Dio spargimento di sangue innocente, e garantire così una più duratura stabilità per il medio oriente. Alla fine dell’articolo potete vedere le foto delle suore liberate, durante la conferenza stampa presso la sede del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia”. Le Patriarcat grec-orthodoxe d’Antioche et de tout l’Orient invite tout le monde à renier tous anathèmes, terrorismes, violences et enlèvements, en priant pour que la Syrie puisse renouer avec la paix et que revienne vers elle avec dignité la personne humaine, pour éviter l’effusion de sang des innocents et garantir un Orient stable et un monde sûr.
La Direttrice dell’ospedale italiano di Damasco è stata nominata “donna dell’anno” 2014”. Suor Ana Maria Skarzilo, è stata riconosciuta “donna dell’anno 2014, nella 16 ° edizione di questo premio internazionale”. La giuria ha attribuito alla Monaca il premio per il suo continuo ed instancabile sostegno ai poveri e malati delle zone più colpite al mondo. La suora oltre a guarire le ferite fisiche è impegnata a seminare nei pazienti speranza, solidarietà, fiducia e coraggio. Suor Skarzilo è nata il 12 febbraio 1939 nel nord Italia. Ha lavorato dal 1984 fino al 2013 in Messico nell’ambito della promozione del ruolo delle donne, lasciando in quel paese un segno indelebile. Il suo impegno ha sostenuto con ogni mezzo la pace e il rispetto dei diritti umani per ogni persona. Nel 2011 è stata mandata in Siria, per aiutare le vittime della guerra presso l’ospedale italiano di Damasco. Ana María fornisce assistenza ai poveri, porgendo particolari attenzioni verso le giovani donne colpite dalla violenza insensata che da tre anni ormai insanguina la Siria. di Francis Marrash
Inviato da Anonimo il Mar, 11/03/2014 - 08:37