(Alessandro Aramu) - Sono finalmente libere le 13 suore del convento greco-ortodosso di Santa Tecla di Maaloula, una cittadina a 60 chilometri a nord di Damasco, rapite dal gruppo terroristico islamista di Jabat al Nusra e condotte nella vicina città di Yabrud. Con le religiose sono state liberate anche tre ausiliare in servizio nel convento.
Secondo quanto scrivono i media libanesi, le suore sarebbero state liberate in cambio della scarcerazione di 153 donne detenute in carceri della Siria. La notizia però al momento non ha trovato conferma.
I fondamentalisti erano entrati lo scorso 2 dicembre nella più famosa città cristiana della Siria, dove i residenti parlano ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo. Durante l’assalto avevano compiuto una serie di atti vandalici contro diverse chiese e le abitazioni dei civili. Al loro ingresso a Maaloula, i miliziani islamici avevano gridato: “Allah è grande”, ” Cristiani: convertitevi all’islam e vi salveremo”.
Il rapimento delle suore è diventato in questi mesi l’emblema della condizione dei cristiani in Siria, costantemente minacciati dai gruppi islamisti e jihadisti. I fondamentalisti attuano una persecuzione senza sosta nei loro confronti, diversificando le loro azioni: lo Stato Islamico d’Iraq e Siria (ISIS), dove governa, impone la sharia e un taglieggiamento che depaupera i cristiani in base alle loro ricchezze. La mancata osservanza di certe regole provoca ulteriori vessazioni, minacce e persino la morte. In ogni caso chi non si converte può essere obbligato ad abbandonare il proprio paese e a uscire dalla Siria.
Ad esempio, nel villaggio di Rableh a Homs nel mese di agosto 2012, un gruppo radicale guidato da Abdul-Salam Harbeh, ha chiesto ai cristiani residenti di lasciare la cittadina. Coloro che si rifiutavano ad “andare via” sono stati uccisi. A molti altri sono state bruciate le case. Nelle zone controllate dai militanti radicali in Aleppo, i mercanti cristiani sono costretti a pagare la metà dei loro profitti giornalieri ai jihadisti. Più pragmatico invece è il gruppo di al –Nusra, quello che ha rapito le suore di Maaloula, che spesso utilizza il rapimento come fonte di arricchimento o di scambio politico con i prigionieri.
In quasi tre anni di conflitto, i media internazionali hanno spesso ignorato la condizione dei cristiani, una comunità numerosa perfettamente integrata nella composita società siriana. Le notizie sui massacri e le persecuzioni nei loro confronti raramente hanno avuto lo spazio che meritavano. Lo stesso rapimento delle religiose di Maaloula è stato seguito dall’informazione in modo parziale e distratto. Oggi il vero pericoloso per la Siria e l’intera regione è rappresentato proprio dalla crescente presenza dei gruppi islamisti e jihadisti, una centrale del terrore affiliata ad al Qaeda che ha messo le radici in vaste porzioni del territorio, con la colpevole complicità dell’Occidente, Stati Uniti in testa.
Una situazione denunciata più volte dall’associazione Assadakah, anche nel libro “Syria – Quello che i media non dicono” dove si racconta la visita della sua delegazione nel convento di Santa Tecla e l’incontro con le suore che in questi mesi sono state tenute in ostaggio dai terroristi. In quel viaggio, l’incontro con numerosi religiosi cristiani ha consentito di svelare una verità che il mondo intero per almeno due anni ha ignorato. Il vero male non è rappresentato dal presidente Assad ma da bande di tagliatori di gole che in nome di Allah commettono i peggiori crimini. Qualsiasi minoranza, etnico o religiosa, è presa di mira e, che piaccia o meno, è proprio la presenza di Bashar al Assad a garantirne la sopravvivenza sul territorio. Oggi le cose sono cambiate e finalmente una parte della stampa non può più tacere di fronte all’evidenza dei fatti.
Per questa ragione, Assadakah esprime grande soddisfazione e gioia per la liberazione delle suore di Maaloula. La speranza è di poterle riabbracciare quanto prima in una Siria finalmente pacificata e liberata dal terrorismo.
Inviato da Anonimo il Lun, 10/03/2014 - 09:49