Siria, i curdi cacciano i jihadisti dal nord-est


NEWS_170794I ribelli jihadisti in ritirata verso sud dopo una battaglia durata settimane. E' ancora incerto il destino del Kurdistan siriano



Un combattente dello YGP (Comitati per la protezione dei curdi) in trincea nella città curda di Derik al confine con Turchia e Iraq (Foto: AFP)

di Giorgia Grifoni

Roma, 7 novembre 2013, Nena News- Continua l'avanzata delle milizie curde nel nord della Siria. Lungo il confine con la Turchia, dove i curdi affrontano i gruppi di ribelli legati ad al-Qaeda in un fronte che ormai è diventato quasi geografico, è in atto una vera e propria "guerra nella guerra". E i curdi sembra la stiano vincendo.

Secondo quanto riporta l'Osservatorio siriano per i Diritti Umani, i Comitati per la protezione dei curdi (YPG) avrebbero cacciato i jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico del Levante e dell'Iraq (ISIL), liberando la città frontaliera di Ras el-Ain e tutte le zone limitrofe fino ad al-Manajeer. La notizia è giunta immediatamente dopo quella della liberazione di 19 villaggi curdi del nord-est del Paese dalla presenza jihadista e una settimana dopo la conquista, da parte delle milizie curde, della cittadina strategica di Yaarubiyah, al confine con l'Iraq.

I curdi, inizialmente divisi tra "interventisti" e "attendisti", e riluttanti a entrare attivamente nella rivolta contro Bashar al-Assad, si erano trovati ad avere una prima sorta di autonomia di governo nelle loro zone fin dall'inizio degli scontri due anni e mezzo fa: il presidente siriano, infatti, per evitare una ribellione curda sui confini nord-orientali, aveva tentato di tener buoni i curdi lasciando loro un maggiore controllo del territorio. Una sogno, per una popolazione che da decenni agogna a una maggiore autonomia, primo passo verso una riunificazione del Kurdistan storico.

La zona orientale del Paese è stata a lungo una delle poche basi salde dell'esercito governativo, fin quando il 12 luglio 2012 con l'accordo di Erbil tra Consiglio Nazionale Siriano Curdo (CNSC) e Partito Curdo di Unità Democratica (PYD), branca siriana del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), è stata delineata una linea comune che prevede la collaborazione tra i diversi gruppi per la difesa della popolazione locale. Le basi governative sono state poco a poco riconquistate dalle milizie curde, e alcune di loro erano cadute in mano a gruppi di jihadisti, fino a quando nel marzo di quest'anno l'ISIL non aveva conquistato la zona di Raqqa avanzando dal nord-ovest, soprattutto dalla zona di Aleppo, già presa alla fine del 2012.

Con l'occupazione jihadista della Rojava (il Kurdistan siriano, ndr) si è avuta invece una vera e propria insurrezione della popolazione: innanzitutto contro un'imposizione di usi e costumi - come la sharia, gridata a gran voce dai ribelli di ispirazione qaedista - che nulla hanno a che fare con la sostanziale laicità della popolazione curda.Senza dimenticare la posizione strategica, che garantisce a questa zona una ricchezza di risorse - gas, acqua, petrolio al confine con l'Iraq - quasi sconosciute nel resto del Paese.

A seguito, poi, di intimidazioni, attacchi e autobombe da parte delle milizie di al-Nusra da una parte e dall'altra della frontiera con la Turchia, e di copiose perdite di vite tra gli abitanti della zona, è nato uno scontro sanguinoso tra jihadisti e miliziani curdi inaspritosi quest'estate: lo YGP, affiancato dai Comitati di difesa femminili (YPJ) e dalle milizie Asayish ha riconquistato lentamente gran parte del territorio al confine nord-orientale. Dopo una battaglia intensa durata giorni, le milizie jihadiste si sono ritirate verso sud, a Raqqa, che l'esercito governativo sta tentando di riconquistare.

I curdi puntano il dito contro la Turchia, accusata di armare, finanziare e lasciar passare sul suo territorio i gruppi d'ispirazione qaedista che devastano il nord del Paese: in un incontro a Istanbul lo scorso luglio con il ministro degli Esteri turco Davutoglu e con i servizi segreti di Ankara, Saleh Muslim, leader del PYD, ha presentato tutta la documentazione che dimostra il sostegno turco ai salafiti di al-Nusra e dell'ISIL. Ankara, smentendo ogni accusa di "ospitare" i jihadisti, ha ammesso che potrebbero infiltrarsi in Siria "all'insaputa dello Stato".

La volontà di Ankara è quella di schiacciare i curdi siriani, che potrebbero ritagliarsi un proprio stato all'interno del calderone siriano o peggio ancora unirsi ai curdi della Turchia. Muslim, intervistato da al-Monitor, per ora non lascia intendere il disegno ultimo dei suoi combattenti: "I curdi siriani- ha dichiarato - non vogliono l'indipendenza e nemmeno una struttura federale simile a quella del Kurdistan iracheno. Vogliamo solo il riconoscimento dei nostri diritti politici e culturali e vogliamo governare la nostra regione. Siamo parte della Siria e vogliamo vivere in buone relazioni con gli Arabi".

Molti accusano il PYD di cooperare con Bashar al-Assad, ma Muslim lo rifiuta categoricamente. Eppure il PYD non si è mai veramente unito alla lotta contro il regime siriano. Muslim sostiene di non voler rischiare i "guadagni" dei curdi inimicandosi Bashar al-Assad. Perché la partita siriana non è ancora chiusa. E poi, conclude Muslim, "Che cosa è quella che chiamano Opposizione? Sono a pezzi, si stanno saltando alla gola a vicenda. Se quelli che combattono in Siria non riconoscono quelli in giacca e cravatta che siedono a Istanbul come i loro legittimi rappresentanti, perché noi dovremmo?". Nena News.