Beirut, 25 luglio 2013
Non mi è parso certo un terrorista, il Ministro dell’agricoltura libanese Hussein Hajj Hassan del resto lo avevo già incontrato in altre occasioni in questi anni, dopo la sua nomina al Governo e mi aveva spiegato le sue strategie per il rilancio dell’agricoltura in Libano. Un comparto abbandonato nel periodo della guerra ed ora, grazie al suo lavoro, in netta ripresa. Un esponente di governo, ma soprattutto uno dei dirigenti del Partito di Hezbollah, quel partito dichiarato fuori legge alcuni giorni fa dall’UE e la cui ala militare viene considerata terrorista. L’incontro è fissato per la firma di un progetto di cooperazione finanziato dall’UE, ma questo è poco rilevante, anche se stride un po’ con la presa di posizione europea. Ovviamente l’argomento principale del nostro incontro diventa fin dalle prime battute, la disposizione dell’organismo europeo, che il Ministro giudica ridicola, come lo sono del resto le prove portate a supporto dei due attentati in Bulgaria e a Cipro, attribuiti al Partito libanese. “ “Sono prove false, dice il Dott. Hussein, gli stessi testimoni citati le hanno negate. La nostra battaglia di liberazione del Sud del Libano non è piaciuta ad Israele che ha fatto forti pressioni sull’UE per compiere un atto del quale la stessa Unione non è convinta”. Il Ministro tiene a precisare che Hezbollah ha un sololeader e che non esiste differenza fra ala politica e ala militare. La distinzione è un’invenzione finalizzata solo ad assecondare le finalità complottiste sinoniste. Da un lato l’Unione Europea ed i suoi alleati cercano di emarginare il Partito di Dio, dall’altro consentono invece a 600 Talebani di entrare in Siria, come è accaduto alcune settimane fa, in aereo, attraverso la Turchia. “Questo è il paradosso, combattere i terroristi in Afghanistan, Pakistan, Mali, Yemen e consentire che entrino liberamente in Siria”. In Siria i Talebani non sono terroristi? Non sono nemici? “Hezbollah non poteva accettare che accanto ai terroristi libanesi ci fosse uno stato governato da talebani e salafiti, ecco perché siamo andati in soccorso dei nostri alleati siriani”. La diplomazia europea in questi giorni è molto attiva in Libano, l’Ambasciatore dell’UE ha chiesto di incontrare le autorità politiche di Hezbollah, il responsabile esteri Moussawi e lo stesso ministro Hassan. “Lo incontrerò lunedì, mi dice il ministro, ed esprimerò a lui tutto il mio disappunto su quanto accaduto”. “Nel Sud del Libano ci sono cinquemila soldati, fra questi 1200 italiani, la missione Unifil, che convivono con gli uomini e le famiglie della resistenza. Se fossimo stati dei terroristi, non avremmo avuto bisogno di andare molto lontano per sferrare un attacco all’Occidente”. Non sono parole di guerra quelle del ministro libanese, né vi è in lui alcun atteggiamento ostile nei confronti dell’Europa o dei Paesi occidentali, vi è piuttosto la necessità e il bisogno di comprendere a fondo, come mai gli interessi di alcuni abbiamo la meglio sul benessere e la sopravvivenza di molti. Come le vite umane, in Siria, in Egitto, in Iraq e nello stesso Libano continuino ad essere merce di scambio o semplicemente pegni da sacrificare in nome di più alti interessi politici ed economici. E come la delegittimazione di istituzioni, partiti, governi del medio-oriente avvenga sempre più di frequente dall’alto delle torri d’avorio occidentali, senza alcuna considerazione né percezione della realtà che in quei luoghi si vive. Raimondo Schiavone
Inviato da Anonimo il Gio, 25/07/2013 - 14:45