Egitto, la fratellanza musulmana strumentalizza la rivolta


egitto-rivolta-8Talal Khrais

Molti si chiedono perché dopo solo un anno della rivolta popolare e le elezioni del Presidente Mohammad Morsi, la gente scenda di nuovo nelle piazze e chieda, durante manifestazioni oceaniche, le sue dimissioni e le elezioni anticipate. Per realizzare questo obbiettivo sono state raccolte finora, 22 milioni di firme. Giusto per chiarire che la rivoluzione egiziana come altre rivoluzioni è stata deviata e strumentalizzata con la complicità dell’Occidente e i finanziamenti dei Paesi dei Petrodollari, in particolare Arabia Saudita e il Qatar, e con l’inganno di Rajab Taeb Erdogan, il presidente della Turchia. Sia in Tunisia, che in Libia, che in Egitto, i Fratelli Musulmani e il Movimento Salafita sono scesi nelle piazze negli ultimi giorni, quando erano sicuri che il regime in ciascuno dei Paesi sopracitati fosse destinato a crollare. Erdogan, escluso dalla Comunità Europea, insieme ai regimi arabi più reazionari ha presentato all’Occidente e al Mondo un nuovo ordine, un Islam moderno. Ai Fratelli Musulmani arrivano mezzi e denaro per cavalcare l’onda della protesta democratica, dei giovani che chiedono il pane e la libertà. Questo così detto Islam moderno per realizzarsi si è alleato con il Mondo più oscurantista, con al Qaeda. La caduta di Morsi avrà senza dubbio un effetto domino sul resto della Regione sottoposta ad atti terroristici. L’anno scorso tutti gli aiuti dei Paesi del Golfo in particolare del Qatar sono stati destinati alla Fratellanza Musulmana e al Movimento Salafita e non allo Stato Egiziano in gravissima crisi economica. L’economia è ormai al collasso, con il turismo che rappresenta oltre l’11% del Pil nazionale, ritenuto “pericoloso” dalla Fratellanza perché reo di veicolare nel Paese idee e costumi troppo occidentali. È bastato un anno dell’esperienza della Fratellanza per trasformare la società egiziana, culla della Grande Società Umana in una grande prigione: oppressioni, riduzione della libertà individuale, politiche belligeranti nei confronti degli stati vicini, in particolare la Siria. In questo momento in tutto l’Egitto e non solo in Piazza Tahrir, si susseguono manifestazioni e proteste per chiedere elezioni presidenziali anticipate. La data scelta è significativa: il 30 giugno, infatti, ricorre il primo anno di Governo dei Fratelli Musulmani guidato dal presidente Mohamed Morsi,che i sondaggi danno in netto calo, passato dal 78% di gradimento, dopo i primi novanta giorni di governo, al 32%. I 22 milioni nelle piazze sono considerati dai predicatori salafiti “un fronte di distruzione composto da criminali, banditi, attivisti e traditori che vogliono far fuori il presidente” considerano la rivolta contro Morsi “ una ribellione contro l’islam e un tentativo di far abortire il progetto islamico”. Di fronte a tale arroganza vi è il rischio di una guerra civile con l’intervento dell'esercito egiziano. "L'esercito chiede che le rivendicazioni del popolo vengano soddisfatte entro 48 ore. In caso contrario le forze armate delineeranno una roadmap e provvedimenti per supervisionare la loro attuazione". Un ultimatum al governo che è stato accolto con un boato di gioia dai manifestanti di Piazza Tahrir che non hanno mai abbandonato il luogo clou delle proteste, dopo i cortei di domenica 30 giugno.