TENSIONE
La paura della guerra civile esplode anche a Damasco
Al Qaeda scuote la città. E sfalda il fronte anti-Assad. Una deputata cristiana: «La guerra dei jihadisti non è per la Siria». Ancora bombe sui bambini di Aleppo.
di Antonio Picasso
L’attentato che ha colpito il centro di Damasco giovedì 21 febbraio – almeno 53 morti e 200 feriti – ha intrecciato ulteriormente le trame della guerra civile siriana, un bagno di sangue lungo due anni e segnato da (almeno) 60 mila morti.
L’esplosione, firmata al Qaeda, complica le posizioni di chi è pro o contro il presidente Bashar al Assad: la presenza di gruppi terroristici tra le fila dei ribelli è infatti ormai innegabile e ha spiazzato anche i fedelissimi sostenitori dell’opposizione, convinti della purezza ideologica della rivoluzione sfociata in conflitto armato.
TERRORISTI DIETRO ALL'ATTACCO. Sul fatto che ci siano terroristi dietro all’attacco gli analisti non hanno dubbi. Primo perché gli attentati suicida sono un classico del qaedismo. E secondo perché tra gli edifici colpiti dall’esplosione c’è l’ambasciata russa: se a piazzare gli ordigni fossero stati i servizi segreti di Assad, con l’idea di depistare e di far ricadere le colpe sull’opposizione, il bersaglio non sarebbe mai stato la rappresentanza diplomatica di Mosca, l’unico solido alleato dell’autocrate.
ATMOSFERA SEMPRE PIÙ TESA. L’atmosfera nell’ultimo baluardo di Assad – la capitale del regime – si fa insomma sempre più tesa. Da pochi giorni sono arrivate in Italia alcune foto dei quartieri governativi di Damasco. Le istantanee, scattate da Talal Khrais, giornalista libanese, corrispondente in Italia per il quotidiano as Safir, ritraggono una quotidianità apparentemente tranquilla (guarda le immagini). Il solito traffico di macchine, i pedoni in mezzo alla strada, gli ingorghi: scene di un disordine usuale a quello di ogni altra città araba. Eppure anche a Damasco ormai da mesi si respira un vento di paura.
«Il governo Assad è convinto della necessità di una soluzione politica. Il problema è che i leader dell’opposizione, quelli con cui Damasco dovrebbe trattare, contano sempre meno. Il confronto quindi si restringe con i jihadisti mischiati a gruppi di delinquenza comune», ha detto Khrais a Lettera43.it.
CROLLA L'IDEA DI UNA STRUTTURA DICOTOMICA. L’ultimo attentato ha scalzato definitivamente l’idea di una dicotomia della struttura sociale: buoni i ribelli, cattivi i fedelissimi di Assad. Una storia troppo semplicista per la Siria, Paese di misteri, sotterfugi e intrecci di difficile interpretazione per gli occidentali. Nella eterogenea galassia di oppositori al regime c’è di tutto. C’è al Qaeda, rappresentata dal gruppo Jabhat al Nusra, già attivo in Iraq. E ci sono i salafiti, fanatici dell’Islam sunnita, i cui gruppi sono composti da libici, ceceni, qatarioti.
Una guerra civile che ormai non è più solo sirina
Damasco, l'esplosione è avvenuta nel quartiere centrale di Mazraa.
Uguale e contraria è la situazione per i sostenitori di Assad. L’autoritarismo del regime si è trasformato in macelleria in due anni di guerra. Anche se nell’intorno del presidente esiste una compagine riformista.
«Parlare di opposizione ad Assad non è più possibile. A rubare la scena sono stati i jihadisti venuti da tutto il mondo, i quali combattono una guerra civile che ormai non è solo siriana», ha raccontato a Lettera43.it Maria Saadeh, deputata cristiana, eletta nel parlamento di Damasco come indipendente alle elezioni dello scorso anno.
Prima della guerra era un architetto, arredatrice di interni, con un po’ di vita in Siria e un po’ in Francia e due figli iscritti alla scuola greco-cattolica: un esempio della cultura siriana tradizionale, a metà tra il mondo arabo, l’Occidente e il Mediterraneo.
IN SCENA UN MICRO CONFLITTO GLOBALE. «Ho scelto l’impegno politico perché credevo nella necessità di cambiare questo Paese», ha continuato. Ma la sua iniziale posizione riformista è progressivamente scivolata sulla difensiva.
Nella consapevolezza che in Siria dal marzo 2001 va in scena un micro conflitto globale: i rivoluzionari sono oggi gli eredi illegittimi di una Primavera araba che anche altrove sta mostrando grosse crepe. Assad difende una posizione sempre più difficile da gestire.
LA PRESENZA DEI GUERRIGLIERI DI HEZBOLLAH. Poi ci sono i sunniti moderati, compromessi dal jihadismo, e le minoranze confessionali che non vogliono essere messe alle corde: alawiti, cristiani e sciiti. Infine la presenza dei guerriglieri di Hezbollah, legame tra Assad e gli alleati a Teheran e in Libano. «I miliziani del Partito di Dio ci sono, ma solo per proteggere i luoghi sacri sciiti, dopo le minacce di distruzione di questi da parte dei salafiti», ha detto la deputata, cercando di smorzare le accuse internazionali.
E proprio dalla comunità internazionale dovrebbe arrivare la soluzione per il conflitto. «Serve un’intesa tra Stati Uniti e Russia», ha concluso Khrais, l’analista della stampa libanese.
Le due grandi potenze nucleari per eccellenza sono le sole che potrebbero contenere le ambizioni dei Paesi del Golfo e della Turchia, i quali da tempo intervengono in Siria con uomini, armi e denaro. E negoziare un nuovo equilibrio dello scacchiere.
Peccato che Washington e Mosca, finora, hanno dimostrato di non volersi impegnare davvero.
(Lettera 43)
Inviato da Anonimo il Lun, 25/02/2013 - 08:34