di Emma Mancini
Roma, 16 gennaio 2013, Nena News - Durante la notte il bilancio dei morti è continuato a salire: sarebbero 87 le vittime della doppia esplosione nel campus dell'università di Aleppo, uno dei più sanguinari dall'inizio del conflitto.
Tanto sanguinario che nessuno pare intenzionato ad assumersene la responsabilità: secondo il governo di Damasco si è trattato di un attentato terroristico da parte dei gruppi di ribelli, che da mesi hanno il parziale controllo della città a Nord della Siria; le opposizioni puntano invece il dito contro l'aviazione del presidente Bashar al-Assad.
Ieri, al momento dell'esplosione - partita nel settore che ospita il dormitorio, in un'area di Aleppo ancora sotto il controllo governativo - il campus era pieno di studenti nel primo giorno degli esami di metà anno, ma anche di rifugiati, ospitati nel campus a causa del conflitto. Ottantasette le vittime accertate, un numero che potrebbe salire ancora: "Potremmo arrivare a cento, ci sono parti di cadaveri ancora non identificate", ha commentato l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Oltre 150 i feriti, di cui molti in gravi condizioni.
Secondo alcuni testimoni, le due esplosioni - secondo fonti del governo, provocate da due missili terra-aria - sono avvenute a stretto giro e in un momento della giornata in cui il campus era pieno di studenti. Ovvero, il piano era quello di provocare più vittime possibile in un luogo simbolo della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad: "L'università di Aleppo resterà per sempre il simbolo della sollevazione del popolo siriano", ha detto uno dei membri dei Comitati di Coordinamento Locali, che in questi due anni hanno organizzato numerose manifestazioni di protesta contro Damasco.
La città di Aleppo sta vivendo la sua personale guerra civile ormai da mesi. Spaccata in due: parte della città, considerata la capitale economica della Siria, è controllata dai gruppi di opposizione al regime, un'altra parte dalle truppe governative. I ribelli tentano da tempo di assumere il controllo totale della città, seppur siano sempre più numerosi i civili contrari alla presenza dei miliziani, accusati di saccheggi e violenze.
L'attacco giunge dopo il passo indietro della Casa Bianca che, dopo aver accusato Assad di aver utilizzato armi chimiche contro il suo stesso popolo, ieri ha ritrattato. Il Foreign Policy Magazine aveva pubblicato un rapporto molto recente targato Washington nel quale si riportava il risultato di una serie di inchieste: Assad avrebbe usato gas chimici il 23 dicembre contro la città ribelle di Homs.
Immediata la smentita da parte della Casa Bianca: "I report pubblicati da alcuni media riguardo l'utilizzo di armi chimiche non rispettano l'idea che abbiamo in merito - ha detto il portavoce Tommy Vietor - Se il regime di Assad compie il tragico errore di usare armi chimiche o si rivela incapace di tenerle al sicuro, ne pagherà le conseguenze".
Secondo la CIA, la Siria possiede da anni armi chimiche che potrebbero essere sganciate da aerei o missili balistici. Ma, secondo gli Stati Uniti, non sono state ancora dispiegate.
Presa di posizione anche della Russia che ha ieri annunciato la sospensione delle attività del suo Consolato Generale ad Aleppo. Una decisione del Ministero degli Esteri che segue alla strage al campus. Dall'altra parte, però, Mosca non abbandona il presidente Assad: ieri si è opposta alla proposta avanzata da 56 Paesi membri delle Nazioni Unite di trascinare il governo siriano di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia. Una mossa controproducente, secondo il Ministero degli Esteri russo.
L'iniziativa è partita dalla Svizzera che lunedì ha inviato al Consiglio di Sicurezza una petizione firmata da altri 55 Stati. Nena News
Inviato da Anonimo il Mer, 16/01/2013 - 12:07