La questione siriana sta prendendo una via decisamente preoccupante che non lascia presagire nulla di buono. Non è la prima volta che vediamo uno stato sovrano con un legittimo governo al centro di attacchi fisici od indiretti volti a destabilizzarne l’impianto istituzionale e sociale[1]. Lo spettro di un attacco fisico portato avanti sul territorio siriano era da molto tempo nell’aria, come allo stesso modo aleggia da molto tempo la prospettiva di un attacco contro la Repubblica Islamica dell’Iran. L’invenzione, tutta occidentale, di un “esercito libero siriano” composto perlopiù da traditori, criminali locali e mercenari delle più disparate nazionalità[2], ci porta quantomeno a interrogarci sui “valori” portati avanti da questi loschi individui ben prezzolati. Come per il conflitto in Iraq, abbiamo assistito e assistiamo di continuo a continue pressioni da parte dei media controllati dai gruppi di potere dell’informazione, che esortano alla guerra contro il nemico Bashar Al-Assad con accuse palesemente false[3].
Fin troppo evidente l’accusa portata avanti in questi ultimi mesi, relativa all’impiego di armi chimiche da parte del governo siriano nella repressione dei rivoltosi: è notizia di poco fa che a quanto pare i cosiddetti “ribelli” sarebbero stati gli unici ad impiegare armi chimiche sul territorio siriano; da qui la domanda: se in Siria non sono presenti armi chimiche, almeno in dotazione tra le file dell’esercito regolare, chi ha fornito questi armamenti ai terroristi che agiscono contro lo stato legittimo di Bashar Al-Assad?[4] Per restare ancora più sconcertati bisogna pensare all’attacco portato avanti da Israele allo stato siriano. 48 ore di terribili bombardamenti senza alcuna apparente giustificazione non sono abbastanza per far levare voci di dissenso da alcuna organizzazione per i diritti umani[5]. Di sicuro i danni, per quanto gravi, fatti dall’aviazione bellica israeliana non stanno minimamente scalfendo i risultati portati avanti dalle truppe regolari nelle operazioni di ripristino di sicurezza sulle zone in mano ai ribelli: notizia di poco fa, per esempio, che la zona a sud di Aleppo è stata bonificata dall’attività terroristica è stata sradicata[6]. L’esercito siriano, quanto a combattività, riuscirà sicuramente a tener testa ai gruppi di sovversivi che infestano ancora la nazione siriana; il vero pericolo potrebbe, però, derivare da un attacco via terra portato avanti dall’esercito israeliano con la compiacenza e l’appoggio degli USA e quindi anche con l’avallo dell’ONU.
A questo punto lo scenario sarebbe destinato a complicarsi ulteriormente, dal momento che a fianco della Siria, oltre a Hezbollah, verrebbe trascinato nel bel mezzo del conflitto lo stesso Iran, cioè l’obiettivo di sempre delle democrazie occidentali, che fin dal 1979 hanno inutilmente tentato di impossessarsi nuovamente della nazione dopo la rivoluzione di Khomeini e la cacciata dello Scià al servizio degli stati occidentali. L’attacco alla Siria costituisce probabilmente il pretesto per conquistare nuove zone a livello geostrategico e sostituire governi anti-imperialisti con governi fantoccio collaborazionisti come nel caso delle petromonarchie, come il Qatar[7], vincolate da strettissimi rapporti con USA e l’alleato regionale Israele. Destabilizzando l’intera regione ed inducendo di fatto l’Iran ad un intervento, la cartina geopolitica verrebbe di fatto ridisegnata con un equilibrio a favore degli USA. Siria ed Iran, in questo momento hanno il delicato compito di evitare che si formi una faglia di frattura tra la zona NATO e quella asiatica, a vantaggio degli esportatori della geopolitica del caos. Gli sviluppi dei prossimi mesi potranno forse chiarire la reale direzione e le reali intenzioni degli USA e di Israele, sperando vivamente che non si ripeta uno scenario iracheno amplificato in tutta la regione.
Inviato da Anonimo il Ven, 17/05/2013 - 09:55
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