Il viaggio di Kerry per armare i ribelli siriani


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Il Segretario di stato oggi a Roma per la riunione degli "Amici della Siria" prometterà aiuti militari ai ribelli per abbattere Assad. Andrà avanti il bagno di sangue in Siria
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giovedì 28 febbraio 2013 08:27

di Michele Giorgio

Gerusalemme, 28 febbraio 2013, Nena News - Non è un viaggio di presentazione, tra l'Europa e il Medio oriente, quello che ha intrapreso John Kerry. La sua agenda è fitta di temi ma in cima agli impegni del nuovo Segretario di stato americano c'è la guerra civile siriana. Dell'Iran e del suo programma nucleare si occuperà il mese prossimo quando accompagnerà Barack Obama nell'attesa visita in Israele. Non sarà un meeting come i precedenti quello che oggi a Roma avranno i rappresentanti dei Paesi che fanno parte del folto gruppo dei presunti «Amici della Siria». Kerry farà sentire il peso della sua partecipazione.

L'amministrazione Obama, riferiva ieri il Washington Post, si appresta a modificare significativamente la propria politica nei confronti dei ribelli siriani. Kerry ha annunciato, durante l'incontro di ieri con il presidente francese Hollande, che gli Usa sono disponibili a fornire veicoli blindati e addestramento militare a chi combatte in armi il presidente siriano Bashar Assad. Washington e Parigi ora esaminano i mezzi per accelerare la «transizione politica» in Siria e per imporre, in un modo o nell'altro, l'uscita di scena di Assad. Una svolta trovato il pieno sostegno di Londra e Roma. Il ministro degli esteri Terzi nei giorni scorsi è stato il più esplicito tra i responsabili delle diplomazie europee nel proporre aiuti militari «non letali» ai gruppi armati siriani, dimenticando che le nostre leggi proibiscono l'esportazione, il transito e il trasferimento di armamenti verso i paesi in stato di guerra, come è la Siria.

Poco alla volta l'amministrazione Obama e i governi europei scivolano verso un intervento armato in Siria, anche se con modalità diverse da quelle viste in Libia. Mentre, per la prima volta, Bashar Assad, obbligato dagli eventi bellici e dalle pressioni degli alleati russi e iraniani alla ricerca di una via d'uscita, apre la porta al dialogo anche con le opposizioni armate e prende atto che il tempo del potere assoluto è finito. Il suo regime ha compiuto molti crimini, eppure una soluzione politica che preveda un negoziato vero fra tutte le parti in conflitto, rimane l'unica strada per evitare alla Siria un bagno di sangue persino peggiore di quello al quale assistiamo ogni giorno. Gli attentati devastanti che hanno fatto strage di civili a Damasco portano la firma di chi non combatte per la libertà ma vuole soltanto imporre un altro potere assoluto.

Il carattere settario che ha assunto la guerra civile in Siria dovrebbe indurre gli Usa e l'Occidente a mettere da parte gli appetiti economici e le strategie regionali, per impedire che Damasco diventi un campo di battaglia tra comunità siriane, tra la maggioranza sunnita e le minoranze. A Roma invece John Kerry e i suoi alleati consegneranno un assegno in bianco ad un'opposizione anti-Assad che dietro le quinte fa promesse su promesse agli occidentali - accordi sulla futura gestione delle risorse naturali siriane e, più di tutto, un riposizionamento del paese in senso anti-iraniano e anti-Hezbollah - ma che controlla ben poco di ciò che accade sul terreno.

Dopo aver affondato l'idea di un dialogo con il regime, avanzata dal suo più alto rappresentante Mouaz al Khatib, il fronte delle opposizioni punta ora alla formazione di un governo provvisorio per amministrare le «aree liberate». La Siria, come si temeva, sta per spaccarsi in due parti, una nelle mani del governo centrale e l'altra in quelle di un'opposizione divisa e debole di fronte ai gruppi armati, jihadisti e non, veri detentori del potere nel Nord e nell'Est del paese. Nena News




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