Egitto, torturato a morte dalla polizia


NEWS_96745Mohamed al-Gendy è morto ieri dopo essere stato torturato dalla polizia per tre giorni. Come Khaled Said sotto Mubarak: nulla è cambiato nel sistema di repressione.

Mohamed in una foto nel profilo Facebook del partito Popular Current

dalla redazione

Roma, 5 febbraio 2013, Nena News -Il volto del nuovo Egitto sa essere ancora troppo brutale. Ieri Mohamed al-Gendy, 28enne attivista egiziano, scomparso il 28 gennaio dopo aver preso parte ad una manifestazione contro il presidente Morsi, è morto.

Mohamed era caduto in coma dopo tre giorni di torture da parte dei poliziotti che lo avevano in custodia. Il giovane è stato trovato dalla Mezzaluna Rossa in un letto di terapia intensiva dell'ospedale di Helal.

Nei giorni precedenti alla sua scomparsa, aveva postato su Twitter commenti e critiche contro il nuovo regime dei Fratelli Musulmani, incapace di realizzare il cambiamento sognato dalla rivoluzione egiziana. Dopo essere stato portato via durante una manifestazione in piazza Tahrir, è stato condotto nel carcere di al-Gabal al-Ahmar, dove ha subito pesanti torture per tre lunghi giorni. A causa delle sue condizioni è stato portato in ospedale dalla polizia, il 31 gennaio.

Secondo i referti medici, Mohamed è stato colpito da oggetti pesanti che gli hanno rotto le costole ed è stato sottoposto ad elettroshock; prima di spirare, ha sofferto di emorragia cerebrale. "Non si riesce a riconoscerlo dalla fotografia, è così gonfio", ha raccontato Islam Kalifa, avvocato difensore dei diritti umani che lo ha visitato prima che spirasse.

La polizia tenta di difendersi, raccontando alla famiglia e ai media di aver condotto Mohamed in ospedale il 27 gennaio a seguito di un incidente d'auto. Ma le associazioni per i diritti umani e la famiglia al-Gendy non ci credono: "Se è entrato in ospedale il 27 gennaio dopo un incidente - si chiede l'avvocato Mohamed Abdel Aziz, del Centro Al Nadeem per le vittime di violenza - perché la polizia di Qasr al-Nil non ci ha informato il 28? Mohamed era nel ponte di Qasr al-Nil fino alle prime ore del 28 gennaio. Si tenta di nascondere la verità".

Il caso di Mohamed ha riportato alla mente del popolo egiziano la morte di Khaled Said, attivista dell'opposizione all'epoca del regime di Hosni Mubarak, torturato e ucciso dalla polizia. Un parallelo che spaventa molti di quelli che avevano creduto che la rivoluzione avrebbe portato reali cambiamenti. Ma la violenza delle forze di sicurezza non pare cambiata: è di venerdì scorso il caso di Hamada Saber, 50 anni, costretto da otto poliziotti a girare nudo per la strada e poi picchiato, durante la manifestazione di fronte al palazzo presidenziale al Cairo.

Il presidente Morsi ha promesso un'inchiesta seria sulla morte di Mohamed. Ma non basta: serve una riforma profonda del sistema e della struttura militare e di sicurezza. Troppo il potere concentrato nelle mani dell'esercito, a cui nelle ultime settimane il governo egiziano ha anche riconosciuto l'autorità di arrestare civili.

"Mohamed è l'esempio della brutalità della polizia - ha commentato Hea Yassin, portavoce del partito Popular Current - Era una guida turistica, era pacifico, non violento". Sicuramente non sarà dimenticato: ieri ai funerali del giovane attivista, in Piazza Tahrir, hanno preso parte centinaia di persone. Un'altra sfida al presidente Morsi. Nena News

 

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