ANSA/ LA 'VERITA''DI AGCA,KHOMEINI FU MANDANTE ATTENTATO PAPA TERRORISTA RACCONTA IN UN LIBRO INCONTRO CON WOJTYLA, (ANSA) - ROMA, 31 GEN –
Il 13 maggio 1980 Ali Agca ricevette l'incarico di uccidere Giovanni Paolo II direttamente dall'ayatollah Khomeyni che lo ricevette nel Palazzo verde di Teheran. E' l'ultima "verità" che lo stesso attentatore del Papa, che oggi si dice pentito, racconta nel libro "MI AVEVANO PROMESSO IL PARADISO. LA MIA VITA E LA VERIT· SULL'ATTENTATO AL PAPA" (Ed. Chiarelettere, pag. 191, euro 12,90) che uscira' domani in libreria. In particolare, un capitolo è dedicato all'incontro in carcere tra il Papa e il suo attentatore, il 27 dicembre 1983, colloquio finora rimasto segreto: "Santità, io conosco il segreto del terzo segreto di Fatima... me lo hanno rilevato in Iran...". La morte del papa non sarebbe arrivata per "inimicizia", ma perché' gli iraniani interpretarono, secondo Acga, il terzo segreto di Fatima (rivelato da Wojtyla solo il 13 maggio 2000) come se la morte del Papa avesse potuto far cadere il Vaticano e far così trionfare l'Islam nel mondo. Un colloquio mai reso noto dai due protagonisti. E Acga spiega il perché: "Santo Padre, io le racconto tutto sull'attentato ma lei mi deva dare la sua parola d'onore che non dirà mai nulla a nessuno, che non rileverà mai questo segreto". "Hai la mia parola", fu la risposta di Karol Wojtyla secondo il racconto di Agca. Una "verità" che arriva dopo trenta anni di bugie, false piste e processi da quel fatidico 13 maggio 1981 quando in piazza San Pietro, tra un mare di folla, papa Wojtyla fu gravemente ferito. Per la prima volta è lo stesso Agca a divulgare il vero motivo dell'attentato e il contenuto del colloquio con il papa quando Wojtyla lo andò a trovare in carcere perdonandolo per quello che aveva fatto. Agca racconta che fu direttamente l'Ayatollah a dirgli in turco: "tu devi uccidere il papa nel nome di Allah. Tu devi uccidere il portavoce del diavolo in terra, il vicario di satana in questo mondo. Sia morte al capo degli ipocriti, alla guida degli infedeli.Sia morte a Giovanni Paolo II per mano tua... Non dubitare mai, abbi fede, uccidi per lui... e poi togliti la vita affinché' la tentazione del tradimento non offuschi il tuo gesto... il tuo martirio sarà ricompensato con il paradiso, con la gloria eterna nel regno di Allah". "Io, Mehmert Ali Acga, sono pronto al martirio. Sì ucciderò Giovanni Paolo II, ucciderò il Papa e un istante dopo mi toglierò la vita", è la risposta del terrorista turco che racconta che anche la data del 13 maggio viene indicata dall'ayatollah: "...è il giorno in cui la nostra Fatima è apparsa in Portogallo. E' in quel giorno che il Vaticano deve iniziare a sgretolarsi, così come Fatima ha preannunciato". Poi il racconto di Agca lo riporta in Turchia, dove con i Lupi Grigi inizia l'organizzazione che lo porterà a sparare in piazza San Pietro. Agca, che nel libro ricorda tutta la sua vita a partire dall'infanzia, confessa oggi di essere pentito: "Ho vissuto per anni nell'errore del nazifascismo islamico. Fino a che sono riuscito a capovolgere lo sguardo e ad abbracciare la vita". "Oggi so che Gesù Cristo è la migliore persona che abbia mai calpestato le strade di questo mondo...".
ANSA/ AGCA, IL MIO COLLOQUIO IN CARCERE CON GIOVANNI PAOLO II TERRORISTA TURCO LO RACCONTA PER LA PRIMA VOLTA NEL SUO LIBRO (ANSA) - ROMA, 31 GEN - ''Accomodatevi, Santità. E lui, sorridendo, si siede di fronte a me". Inizia così il racconto che Ali Agca fa dei ventidue minuti di dialogo tra lui e Giovanni Paolo II, nel libro "MI AVEVANO PROMESSO IL PARADISO. LA MIA VITA E LA VERITA' SULL'ATTENTATO AL PAPA" (Ed. Chiarelettere, pag. 191, euro 12,90) domani in libreria. "Per anni - scrive il terrorista turco - i giornalisti, gli osservatori, proveranno a ipotizzare cosa ci siamo detti. Ma nessuno, fino ad oggi, ha mai saputo nulla di questo colloquio. Non solo io non ho mai rivelato il contenuto del nostro dialogo a nessuno, ma incredibilmente nemmeno lui, nemmeno il papa che ha rivelato al mondo il contenuto del terzo segreto di Fatima, ha detto nulla di questo nostro scambio. Eppure è qui, è in questo dialogo, che un segreto ben più deflagrante di quello di Fatima è stato pronunciato. Può sembrare assurdo ma, dopo i primi minuti nei quali ci limitiamo a chiederci a vicenda come stiamo, è di Fatima che iniziamo a parlare. ''Santità', io conosco il contenuto del terzo segreto di Fatima'' gli dico a bruciapelo. ''Tu?'' ''Si', io. Me l'hanno rivelato in Iran. Mi hanno detto che esso annuncia la fine del mondo e un attentato contro di te. E' vero?''. Il papa resta in silenzio per qualche istante. Poi mi guarda negli occhi e mi dice: ''si', è vero''. Questa risposta per me è sufficiente. E' da quando gli ho sparato che ci penso. Perché' non è morto? Se a Fatima è stato detto che sarebbe dovuto morire, perché' non è successo? Intuisco che il papa non ha risposte in questo senso. E inizio a capire di essere stato strumento di un progetto più grande di me. Dio aveva previsto l'attentato. Ma in modo misterioso questo attentato non ha sortito l'effetto che i nemici del papa auspicavano. L'uomo vestito di bianco è caduto ma non è morto sul sagrato di San Pietro. Il sangue è scorso ma la morte non è arrivata. ''Santità', perché' non rivela al mondo il contenuto di questo segreto?'' chiedo al papa, che si mostra sempre più stupito dalle mie domande. ''Il segreto verrà rivelato soltanto nel terzo millennio. Così ho deciso'' mi dice senza eludere, con mia grande sorpresa, la domanda. Poi è il papa a parlare. E a chiedere: ''Chi ti ha mandato a uccidermi?''. Sono preparato a questa domanda. Sapevo che prima o poi Wojtyla sarebbe arrivato qui. Ma nello stesso tempo appena pronuncia il quesito - ''chi ti ha mandato a uccidermi?'' - istintivamente mi ritraggo. Non voglio tradire Khomeyni. Non voglio tradire Mohsen Rezai. Non voglio rinnegare l'Iran e la causa islamica.Il papa intuisce il mio disagio e dice: ''ti do' la mia parola d'onore che quanto mi dirai restera' per sempre un segreto fra me e te''. Capisco che e' sincero. Non dubito di lui. La sua forza interiore abbatte ogni ostacolo e fa svanire ogni incertezza. E cosi' svelo il mio grande segreto. ''Sono stati Khomeyni e il governo iraniano a ordinarmi di ucciderti''. Lo vedo subito, il papa e' scosso. Ma nello stesso tempo non e' meravigliato. E' come se in qualche modo gia' sapesse qualcosa, o che prima di venire da me abbia gia' vagliato come possibile questa ipotesi. Immediatamente dice: ''Come perdono te cosi' perdono anche loro''. E poi mi chiede: ''Ma perche' volevano uccidermi? Io sono amico dei fratelli musulmani''. Rispondo: ''Santita', piu' che per inimicizia, volevano ucciderti per realizzare quello che per loro e' il vero terzo segreto di Fatima. Per i musulmani in Portogallo e' apparsa Fatima, la figlia di Maometto, e avrebbe predetto la fine del Vaticano e l'inizio di una nuova era: il mondo in mano all'Islam. La tua morte avrebbe dovuto accelerare il ritorno del Mahdi e quindi la fine del mondo cosi' come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi''. Giovanni Paolo II resta in silenzio. E' pensieroso, quasi incredulo. Per qualche minuto respira profondamente. Poi torna a parlare, cambiando argomento. Mi dice: ''Ali, questo anno santo straordinario, il 1983, e' stato proclamato ''anno santo'' anche per te, anche per accogliere te in seno alla Chiesa cattolica''. Il papa mi sta invitando alla conversione. Mi vuole fra i suoi. Guardo i suoi occhi e per un istante ho come la sensazione che non sia venuto in carcere per sapere il nome del mandante dell'attentato, ne' semplicemente per perdonarmi. Intuisco che il vero motivo e' un altro. Vuole la mia conversione. Vuole la mia salvezza. Gli rispondo quasi senza rendermi conto delle parole che pronuncio: ''Santita', se Dio vuole, un giorno diverro' cattolico. Aspettiamo e lasciamo agire la volonta' di Dio''. Ma poi continuo a parlare. Dico: ''Santita', il 1 maggio del 1983 ho parlato con Dio''. Il papa mi ascolta e, lo vedo, mi prende sul serio. ''Come? Quando? Raccontami'' mi chiede. ''Di notte ho avuto una visione. Stavo in croce come fossi Gesu' Cristo. Gridavo: ''Dio mio, Dio mio, perche' mi ha abbandonato?''. Improvvisamente e' apparso innanzi a me il paradiso. Dentro, una tomba vuota. Poi nel cielo sono apparse molte stelle che si sono disposte subito a forma di croce per tornare poco dopo nella posizione di prima. E di colpo mi sono svegliato profondamente turbato, quasi shockato''. Giovanni Paolo II non ride. E nemmeno si mostra indifferente. Anzi, mi prende sul serio e questo suo atteggiamento mi colpisce molto. Non mi dice: ''sei pazzo''. Oppure: ''questo sogno non ha alcun significato''. No. Sorprendentemente mi risponde: ''Ali, con questo sogno Dio ti chiama alla conversione al cristianesimo. A essere come il suo prediletto, a vivere cioe' la stessa croce che fu di Gesu' Cristo''. Resto in silenzio per qualche istante e poi gli rispondo: ''ci pensero'''. Cosi' finisce il nostro colloquio.
(ANSA).
Inviato da Anonimo il Lun, 04/02/2013 - 10:09
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