Il presidente statunitense chiama Abu Mazen: "Contrasteremo la Palestina". Il ministro delle Finanze israeliano minaccia lo stop al trasferimento delle tasse.
di Emma Mancini
Gerusalemme, 12 novembre 2012, Nena News - Piovono minacce sul presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas: Israele e Stati Uniti mostrano il pugno di ferro per evitare che Ramallah si presenti nuovamente alle Nazioni Unite per chiedere che la Palestina venga ammessa come membro osservatore.
I tempi stringono: Abbas potrebbe presentarsi il 15 o il 29 novembre (date storiche: la prima e' l'anniversario della Dichiarazione di Indipendenza del 1988, la seconda quello della partizione del territorio palestinese stabilita dall'ONU nel 1947). E non intende fare un passo indietro: "Andremo questo mese alle Nazioni Unite, nel 2012 e non nel 2013 o nel 2014. Tra due giorni la Lega Araba annuncera' la data", ha detto ieri Abbas durante la commemorazione della morte di Yasser Arafat.
Immediate le reazioni: da giorni Israele minaccia ritorsioni e il crollo dell’Autorità Palestinese. Il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz, ha annunciato che congelerà il trasferimento delle tasse palestinesi nelle casse di Ramallah (secondo gli Accordi di Parigi tra Israele e ANP, è Israele a raccoglierle e girarle al governo palestinese): "Se i palestinesi continueranno con atti unilaterali, non devono attendersi una cooperazione bilaterale. Non raccoglieremo le loro tasse e non le trasferiremo".
Una minaccia che se messa in pratica metterebbe in ginocchio il governo palestinese: 100 milioni di dollari al mese, senza i quali l'ANP non e' in grado di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, come gia' accaduto piu' volte in passato, una spada di Damocle in mano israeliana sulla testa di Ramallah.
Dall'altra parte gli Stati Uniti, stavolta privi del potere di porre il veto alla richiesta palestinese. A votare sarà l'Assemblea Generale e non il Consiglio di Sicurezza. Ieri il presidente Barack Obama ha telefonato ad Abbas per avvertirlo: Washington si opporra' alla richiesta palestinese.
"C’è stata una lunga telefonata tra il presidente Abbas e Obama - ha raccontato alla stampa il portavoce di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina - Obama ha espresso l'opposizione degli Stati Uniti alla decisione di presentarsi di fronte all'Assemblea Generale". Da parte sua, "Abbas ha spiegato le ragioni di tale scelta, compresa la continua attività di colonizzazione israeliana e le aggressioni israeliani a cittadini e proprietà".
Se Abbas si presenterà di fronte all'Assemblea Generale dell'ONU, avrà bisogno della maggioranza semplice, un risultato prevedibilmente archiviabile: almeno 115 Paesi sarebbero pronti a vorare a favore, contro 50 voti contrari sicuri e 56 possibili astensioni. E il sì del Palazzo di Vetro permetterà alla Palestina di accedere a organi quali la Corte Internazionale di Giustizia.
Un risultato lontano da quello che Abbas ha tentato di ottenere nel settembre 2011, quando la richiesta di riconoscimento della Palestina come Stato membro fu bocciata dal veto americano al Consiglio di Sicurezza. Ma che comunque permetterebbe al popolo palestinese di migliorare decisamente il proprio potere contrattuale: se l'Assemblea vota a favore, la Palestina potrebbe trascinare di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia i vertici dello Stato israeliano, con l'accusa di aver commesso crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Un rischio che Tel Aviv non può permettersi di correre. Nena News
Inviato da Anonimo il Lun, 12/11/2012 - 14:45
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