Siria, cronaca di un’informazione drogata



Al momento non ho un piano, ma lo metterò a punto dopo che avrò sentito tutti i punti di vista delle parti all'interno del Paese, nella regione e a livello internazionale”. Testuali parole del mediatore Onu Brahimi dopo l’incontro a Damasco con il Presidente Bashar al Assad, il primo dopo la sua nomina.

Potrebbe essere il primo punto di un decalogo del perfetto giornalista, da consigliare magari alla stampa italiana che fino ad poche settimane fa era tutta appiattita sulle posizioni dei ribelli. La  falsariga seguita è quella delle posizioni Usa ed europee che provano a ripetere in Siria il colpo riuscito in Iraq, in Tunisia, in Egitto e in Libia e in più cercano di togliere ossigeno all’Iran, storico alleato di Damasco. Compito più da fiancheggiatori che da libera stampa, dobbiamo dirlo, soprattutto se pensiamo alla nostra tradizione di attenzione alle vicende mediorientali che ci avevano sempre accreditato in quell’area come interlocutori imparziali e affidabili.

Ricordiamo per esempio la vicenda del massacro di Houla, 108 vittime di cui 45 bambini che hanno fatto gridare all’orrore contro l’esercito di Assad additato dalla Gran Bretagna, e da tutti i media, come responsabile di tale ferocia, fatto che ha portato all’espulsione degli ambasciatori siriani da molti paesi dell’Alleanza Atlantica, Italia compresa. Vicenda che è rimasta per diversi giorni sulle prime pagine fino a quando un’inchiesta indipendente di un giornalista tedesco non ha dimostrato che il massacro era opera dei ribelli e le vittime tutte facenti parte di un gruppo familiare sostenitore del partito Baath. Ebbene, da quel momento il fatto è stato completamente oscurato dalla nostra informazione che in quel frangente ha dimostrato la sua pochezza.

Ma in questo brutto panorama dell’informazione italiana c’è una testata televisiva che si distingue per le posizioni totalmente acritiche, Rainews24 di Corradino Mineo. Un giornalista di cui avevamo una grande stima per la serietà, l’equilibrio e la capacità di letture originali e fuori dal coro, caratteristiche che aveva trasfuso nel canale all news della Rai e che non poco hanno contribuito alla sua crescita in questi anni. Sulla crisi siriana, invece, sin dal suo inizio abbiamo assistito ad una grande attenzione, come era giusto, ma tutta rivolta ad una sola parte. Non ricordiamo un servizio in cui si informava sulle posizioni, e sulle ragioni, del governo di Assad ma solo corrispondenze da parte di un inviato, sempre lo stesso, che appaiono più come bollettini dei ribelli che veri servizi giornalistici. I ribelli nella sua descrizione appaiono come i buoni rivoluzionari contro i cattivi lealisti in una stucchevole riproposizione dei peggiori film western con i buoni soldati contro i feroci indiani.

Neanche l’esplosione, in tutti i paesi del medio oriente, della violenza integralista, Qaedista e Salafita anti occidentale di questi ultimi giorni, culminata dall’esecuzione dell’ambasciatore statunitense in Libia, e che ha fatto virare decisamente quasi tutta la stampa verso posizioni più equilibrate, pare aver scalfito le granitiche convinzioni del prode Mineo che continua a rappresentare quella della Siria come una guerra di liberazione. Che poi nei giorni scorsi l’esercito, in una serie di scontri violentissimi, abbia ucciso nel nord della Siria oltre cento afgani, che di certo non erano li in vacanza, sembra un fatto marginale e non la prova che in Siria si sta concentrando il peggio dell’integralismo jihadista.

Invece il suo inviato continua a propinarci i suoi servizi dalle linee dei ribelli o dalla Turchia, notoriamente la più accanita nel tentativo di far cadere Assad. Per lui i campi sono solo rifugio dei profughi in fuga dalle violenze dell’esercito e nulla dice invece del via vai di spie e di terroristi in trasferta provenienti da Afganistan, Pakistan, Algeria, Libia che passano allegramente la frontiera con il loro carico di armi, odio e violenza.

Parlando a Ginevra il presidente della Commissione ONU Paulo Pinehiro ha spiegato che gruppi stranieri, anche “jihadisti”, si stanno unendo alle forze anti-governative. Tali elementi spingono i combattenti verso posizioni più radicali. Forse bisognerebbe mandare anche a Corradino Mineo un fax con questa notizia.

Franco Murgia




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