L’incontro con il Presidente Assad
L’incontro è fissato per le 9 del mattino, ci viene confermata la disponibilità il giorno prima, anche se sapevamo già da tempo ci fossero grandi probabilità di incontrare il Presidente Siriano Bashar Assad.
Ci portano in auto presso la sua residenza, nessun particolare controllo, anzi quando l’auto si ferma davanti ad un edificio basso immerso nel verde, il Presidente Siriano ci sta aspettando sulla porta. Non so se sia un atto di estrema cortesia o sia sua abitudine, sta di fatto che non veniamo sottoposti ad alcun controllo, infatti porto tranquillamente con me una borsa con dentro telefoni accesi, videocamera e tablet.
Trovare quell’uomo sull’uscio della porta ad accoglierci, con la mano tesa, senza neanche 5 minuti di anticamera, ci da una strana sensazione. L’accoglienza è quella di uomo, che all’apparenza, non teme per se stesso, e dire che alcuni mesi fa i media internazionali o meglio occidentali lo davano in fuga verso la Russia o altre mete.
Dall’ingresso del Palazzo, ritengo luogo di visite e ricevimento, ci conduce lui stesso, verso una sala limitrofa, solo una porta divide l’ingresso dal nostro luogo d’incontro. La sala, di circa 40 mq, è arredata con 3 divani blu, nulla di sfarzoso, una scrivania con un pc Apple, schermo di almeno 24 pollici e un telefono. Alcune porte danno su altre stanze ma sono chiuse.
Il Presidente in abito blu e scarpe lucide ci fa accomodare, mi fa accomodare sul divano accanto a lui. Dopo le presentazioni effettuate dai nostri accompagnatori, la deputata indipendente Maria Saadi ed il giornalista libanese Talal Krais (responsabile relazioni estere di Assadakah), il Presidente ci da il benvenuto illustrandoci sinteticamente la situazione siriana.
Gli spiego il motivo della nostra visita e lo ringrazio per averci concesso questo incontro. Non è certo facile in questo periodo incontrare Bashar Hafiz al-Asad, uno degli uomini più discussi in questa fase politica internazionale. Descritto dai Media occidentali come un sanguinario violento che starebbe massacrando il suo popolo.
Ai miei occhi appare un uomo timido, la sua esse sibilante, molto particolare, trasmette una sensazione di sicurezza. Il look molto occidentale lo fa apparire un uomo molto vicino alle nostre tradizioni. Nei tanti incontri avuti in questi anni con uomini politici medio–orientali, non avevo mai avuto una percezione così occidentale nei modi del mio interlocutore.
Non si accende nelle parole, non alza la voce, usa spesso la tecnica delle similitudini per illustrarci la situazione in cui versa la sua Siria. “ Se gli ottomani in 1000 anni non sono riusciti a frammentare il nostro Paese non ci riuscirà certo Erdogan”, si legge un certo astio nei confronti del leader Turco.
La Turchia oggi viene vista in Siria, e il Presidente ci da conferma di ciò, come l’avamposto militare del complotto dell’Occidente nei confronti del Paese che dalla storia è considerato la culla della cultura. Dalla Turchia entrano gli jihadisti provenienti da tutto il mondo. I campi profughi costruiti al confine siriano accolgono al loro interno dei veri e propri campi di addestramento.
Nell’incontro fatto il giorno precedente un prigioniero di nazionalità francese ma algerino, Jamal Kassem Amer Blkoodoud, conferma questa tesi: “Sono arrivato in Turchia, ad Istanbul, in aereo dalla Francia, mi sono recato in un campo profughi, lì ho incontrato alcune persone che mi hanno condotto in un piccolo campo di addestramento dove mi è stato consegnato un fucile e insegnato per 15 giorni “a far la guerra”. Jamal viveva a Marsiglia con sua moglie e 6 figli, solo uno di questi maggiorenne, ha 45 anni ma ne dimostra molti di più, ha frequentato in passato una moschea di Salafiti in Francia, dove, ci dice lui, andava a pregare; “Sono stato mosso dal desiderio di difendere il popolo siriano dagli eccidi, ascoltando Al Jazira ed Al Arabia ho capito che lì avevano bisogno di me, ho lasciato tutto e sono partito”.
Dei prigionieri incontrati appare l’unico convinto delle sue posizioni, il suo descrivere le cose e i fatti è permeato di un integralismo islamico profondo. “ Non ho detto nulla alla mia famiglia, solo che partivo, mi è stato concesso di mandare un messaggio a mio figlio da qui, l’ho fatto per dire che stavo bene.”
Torniamo al Presidente Assad: “La Siria è l’architrave del Medio Oriente; è l’unica ancora di salvezza contro la deriva musulmana integralista che sta permeando molti stati.
L’Egitto è governato dai fratelli musulmani, come del resto Tunisia e Marocco, stessa sorte è toccata alla Libia, il nostro modello di stato laico salvaguarda la pratica di tutte le religioni nel nostro Paese, dando pari dignità a tutti, che siano Cristiani, Musulmani, Armeni, etc.”.
Su questo modello di convivenza sociale batte il Presidente ed è quello che ci hanno confermato i Vescovi cristiani incontrati in questi giorni, in particolare il Vescovo di Homs (greco ortodosso) George Tauma Abu Zakhem , scappato dalla sua città dopo aver assistito alla distruzione della sua diocesi e della sua chiesa. “I cristiani hanno accolto in questa terra i seguaci di Maometto, ed oggi sono proprio i musulmani i primi difensori di noi cristiani. Chi uccide e distrugge i presidi cristiani ora in nome di Allah commette un crimine contro la storia di questa terra, fatta di convivenza e tolleranza.
Assad ci dice: “Se cade la Siria, cade tutto il Medio Oriente la deriva integralista metterà in pericolo tutto l’Occidente.” Il Presidente non riesce a spiegarsi il motivo per il quale l’Europa non capisca questo e che ragioni la spingano ad avere per molti versi, posizioni più estreme degli Stati Uniti.
Il popolo siriano è unito e se fosse stato contro di me sarei caduto come Mubarak e Ben Alì già da tempo.
L’Egitto aveva un esercito ben più grande di quello siriano e servizi di sicurezza molto più forti, ha prevalso la volontà del popolo. “Mostra sicurezza il giovane Presidente, la sicurezza di chi è convinto d’essere nel giusto, dalla parte della ragione. “Ho sentito tante persone in questi mesi, anche molti oppositori ed ho chiesto loro quali riforme volessero, non ho ottenuto risposte, quando avrò restituito sicurezza ai cittadini siriani saranno loro a scegliere come vorranno essere governati ma non consentirò che una minoranza integralista, che vive nell’ignoranza, possa prevalere con la forza”.
Si legge una grande apertura da parte di Assad, nessuna forma di individualismo, nessuna mania dittatoriale, si legge la volontà di rappresentare il popolo, i cittadini, quelli che lavorano, che producono, quelli che hanno bisogno. Ci parla anche dei poveri: “Si, è vero, l’integralismo nasce anche dove ci sono sacche di povertà, lì attecchisce e si propaga. Quando la povertà si abbina all’ignoranza la propaganda jihadista si inserisce con più facilità”. C’è anche un mea culpa nelle parole del Presidente: “ Dobbiamo occuparci più dei poveri, lo stato è in difficoltà finanziarie, colpa anche di una corruzione troppo forte, ma su questi temi mi voglio confrontare con tutti anche con quelli che oggi pensano di voler fare la rivoluzione”.
“Questo è il terreno sul quale voglio confrontarmi, le riforme, non consentirò che il terreno sia quello della prevaricazione integralista in nome di un Islam ignorante e vecchio”. Le parole del Presidente trovano conforto nel clima di unità nazionale che si riscontra nel paese, maggioranza ed opposizione parlamentare sono convinti che prima di ogni altra cosa sia necessario salvare il paese e la sua unità nazionale.
Un proposito che trova conferma negli incontri fatti con il Presidente del Parlamento Jihad Al laham e con i numerosi deputati indipendenti incontrati: dalla liberale cattolica Maria Saadi, al curdo Omar Aussi, al deputato sunnita Wael al-Halaqi e al filo presidenziale del partito Baath Waeel Al Ghabra Tutti convinti che prima di tutto sia indispensabile combattere l’integralismo ed il terrorismo. Al Qaida con tutte le sue derivazioni ed emanazioni non può prevalere in Siria, dicono tutti a gran voce.
Il Presidente Assad continua dicendo: “Se qualcuno pensa che la Siria possa diventare un nuovo Afghanistan commette un grave errore, l’integralismo non si importa ma non può neanche diventare la sommatoria di piccoli califfati come vorrebbe L’Emiro del Quatar Hamad Bin Khalifa Al Thani e il Re dell’Arabia Saudita Abdullah. Regnanti che parlano di libertà e democrazia per la Siria ma che nei loro paesi non hanno neanche una costituzione”.
Concetto questo che viene ribadito anche dal Presidente del Parlamento con toni più accesi e forti rispetto a quelli del Presidente Assad.
Lui non cade mai negli eccessi in tutta la nostra chiacchierata, che dura circa un’ora, non ci accende, argomenta, motiva, ma soprattutto ci invita a vedere e osservare e parlare con la gente. “Qui sono venuti tanti giornalisti, in principio concedevo interviste a tutti, poi mi sono reso conto che travisavano le mie parole, usavano i montaggi delle mie interviste per farmi dire cose che decontestualizzate non rappresentavano il contenuto del mio discorso. Allora ho deciso di limitare i miei interventi, esiste una campagna demagogica e strumentale dell’Occidente e delle emittenti del Golfo nei nostri confronti che è figlia solo della logica dell’interesse e non della ricerca della verità.
“Molti giornalisti non vogliono vedere la realtà, non vogliono raccontare la verità, esiste un complotto contro la Siria”. Quando gli chiediamo cosa intende fare o cosa si può fare per superare questa fase, lui risponde con grande fermezza: “ Ci vuole, sempre di più, il dialogo, all’interno e con l’esterno: ecco perché vedo con molto favore che parlamentari siriani vengano in Italia ad incontrare parlamentari italiani e spiegare e far capire cosa è la Siria, cosa rappresenta in Medio Oriente. Se il Parlamento deciderà di organizzare una missione di questo tipo ne sarò felice.”
La visita si conclude con le fotografie di rito. Un Assad sorridente e scherzoso che ci riaccompagna sino alla porta d’ingresso e ci invita a tornare in Siria. “ Qui siete sempre i benvenuti, siate la nostra finestra in Italia”.
Raimondo Schiavone
Inviato da Anonimo il Lun, 17/09/2012 - 09:44