Siria: l’opposizione in rotta


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Con il sostegno finanziario di Qatar e Arabia Saudita in prosciugamento e il flusso di armi da Turchia e Libano in rallentamento, ciò che accade ora è che i ribelli iniziano a sbandarsi sotto l’assalto dell’esercito siriano. Ciò avviene sullo sfondo dei crimini commessi dai ribelli: Riyadh è chiaramente stanca di gettare soldi agli islamisti, sempre più dominati da Doha, piuttosto che dai sauditi; ci potrebbe essere un giro di vite nel governo del Qatar in qualsiasi momento, a causa della malattia dell’emiro, per il quale al momento è più importante risolvere il problema di nominare il principe ereditario capo dello Stato, mentre la Turchia è alle prese con la sua “primavera rivoluzionaria”. Il 4 giugno, le forze armate siriane sono riuscite a spazzare via i ribelli dalla città strategicamente importante di al-Qusayr, che si trova nella Siria centrale presso il confine libanese. I ribelli e le forze governative hanno combattuto per il controllo della città per circa sei mesi. Hama è stata quasi completamente liberata il 5 giugno. Secondo i rapporti le truppe fedeli al governo legittimo, comprese le unità speciali della Guardia, si preparano ad avviare nei prossimi giorni un’operazione per debellare i ribelli trinceratisi in alcuni quartieri. Se ciò accade, Damasco avrà il pieno controllo di tutte le principali città della Siria. Qualche sacca di resistenza può persistere per qualche tempo naturalmente, ma gli islamisti sono agli sgoccioli. Rendendosi conto della situazione disperata, dunque, alcuni estremisti hanno deciso di attaccare il centro della capitale con i mortai, ma senza ottenere il risultato desiderato. Inoltre, le truppe siriane hanno avviato le operazioni nella periferia di Damasco, dove l’esercito libero siriano è ancora presente.
Percependo ciò, i Paesi che avevano cercato il rovesciamento di Bashar al-Assad, in particolare la Francia, hanno deciso ancora una volta di giocare la “carta chimica.” Così, mentre il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius era a New York per firmare un accordo internazionale che disciplina la vendita delle armi convenzionali, consegnava un rapporto alle Nazioni Unite sulla base delle recenti “rivelazioni” del giornale Le Monde sul presunto uso, da parte dell’esercito siriano, di sostanze chimiche tossiche contro i combattenti dell’opposizione. Alcune oscure “analisi” sulla composizione di questi agenti tossici, compiuti in laboratori francesi, vi compaiono. Una cosa non è affatto chiara, chi ha usato le armi chimiche: le forze del governo o i ribelli? Dopo tutto, le prove ufficiali sono carenti. C’è solo da ipotizzare che qualcosa sta succedendo: mercenari estremisti con fiale di Sarin arrestati recentemente in Turchia mentre tentavano di entrare in Siria, sono stati liberati quasi subito su pressione britannica. Non sembra strano che degli estremisti catturati con un tale carico mortale vengano trattati in questo modo? No, se si considera che Londra, ovviamente, non voleva che fossero arrestati, ma che entrassero in Siria dalla Turchia con il loro “carico” tossico e, quindi, creare un “caso” per poter accusare Damasco di utilizzare agenti tossici!
Carla del Ponte ha dato una buona risposta alle accuse di Fabius secondo cui Damasco ha usato armi chimiche. Ha detto che la prova è ancora carente riguardo chi abbia usato le armi chimiche, che hanno ucciso alcune persone, quando le armi convenzionali ne hanno uccise decine di migliaia. Mentre parlava domenica scorsa in qualità di membro della commissione d’indagine su eventuali violazioni dei diritti umani in Siria delle Nazioni Unite, gli esperti sospettano fortemente che siano i ribelli contrari al Presidente Assad ad aver usato armi chimiche. In un’intervista a una rete televisiva svizzera, ha detto che secondo le testimonianze delle vittime e dei medici, probabilmente furono i ribelli ad aver usato l’agente nervino Sarin. Ha anche sottolineato che gli esperti non hanno ancora prove concrete e ha ricordato che l’inchiesta è tutt’altro che completa.
Londra e Parigi chiaramente esaltano la storia delle armi chimiche solo per provocare un intervento militare straniero in Siria e spingere Stati Uniti e Israele a usare la forza militare contro Damasco. Dal momento che ciò non funziona, promuovono attivamente un tema diverso, l’intervento da parte di Hezbollah e dell’Iran, che presumibilmente combattono dalla parte delle forze di governo, come ad al-Qusayr. L’opposizione l’ha principalmente utilizzato come pretesto per evitare di partecipare alla conferenza di Ginevra 2, anche se è già stato accertato che non c’erano combattenti di Hezbollah ad al-Qusayr. Al contrario, il gruppo sciita ha contrastato i tentativi dei ribelli siriani di entrare in Libano dalla regione di al-Qusayr. Prostrarsi alla propaganda è l’arma principale usata da Gran Bretagna, Francia e Qatar, laddove al-Jazeera diffonde storie cui, a quanto pare, neanche i sostenitori dell’opposizione credono. Ma mi chiedo, che bisogno avrebbe Damasco della conferenza di Ginevra 2 se i ribelli subissero una grave sconfitta, prima che si svolga? Dopo tutto, il vincitore non ha bisogno di negoziare con il perdente. In cima a tutto il resto, la Francia ha detto tramite il suo ministro degli Esteri, che sarebbe meglio tenere la riunione a luglio invece che a giugno, perché dovrebbe essere una “conferenza di ultima istanza”. Poi è giunto un rapporto da Ginevra, la sera del 5 giugno, dopo un altro giro di consultazioni russo-statunitensi su Ginevra 2, dicendo che la riunione preparatoria potrebbe avvenire a fine giugno, e il vertice a luglio. In altre parole, la data viene spostata nuovamente. Evidentemente per evitare che non si svolga affatto. Infatti, prima delle vittorie del governo, molti in occidente speravano che al-Qusayr, Hezbollah, l’Iran e la questione delle armi chimiche divenissero pedine di scambio che avrebbero permesso all’opposizione e ai suoi sponsor di dettare condizioni. Sembrano abbiano sbagliato i calcolati ancora una volta. Dopo tutto, se le forze siriane continuano ad raccogliere successi e Damasco a riprendere il controllo sulle regioni dove i ribelli in precedenza erano forti, la conferenza non sarà più necessaria per altri motivi. Non ci sarà una vera e propria opposizione che possa prendere parte ai negoziati, perché potrebbe essere seppellita entro luglio, lasciando solo piccole sacche di terroristi a portare avanti la lotta contro Damasco, e i suoi leader potranno solo controllare la loro sede di Istanbul e le camere nei due costosi hotel di Doha dove i ribelli vengono pagati e istruiti.
Per ora, tuttavia, i leader della Siria hanno intenzioni costruttive. Sono disposti a sedersi al tavolo delle trattative per elaborare un accordo riguardante il futuro del Paese sulla base di una soluzione politica. I ribelli dovrebbero essere dei pazzi a non approfittare del quadro pacifico che Damasco prospetta. In realtà, non possono esprimere le proprie condizioni, considerando l’attuale stato di cose in cui sono chiaramente in svantaggio. Inoltre, l’amministrazione Obama è ovviamente sempre meno desiderosa di vedere un regime islamista radicale in Siria. Come Israele. E senza Washington, nessuno sponsor dell’opposizione deciderà d’intervenire militarmente in Siria, soprattutto dal momento che è sempre più difficile per la Turchia farlo.

Dr. Pjotr Lvov ha conseguito un dottorato in Scienze Politiche.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

 




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