Darfur. La bambina delle caramelle


Non ci sono orari precisi per il rientro, un’ora approssimativa che di solito non viene rispettata. Un aereo russo molto vecchio, uno YAK 42, particolarmente rumoroso. Come all’andata un po’ di ressa all’uscita dal gate, meno persone e soprattutto meno buste, si vede che è un viaggio inverso, non c’è nulla da portare via dal Darfur mentre all’andata probabilmente le persone si portavano dietro cose non reperibili sul mercato locale.

È il momento della riflessione, passano davanti tutte le immagini della giornata, sembra siano passati più giorni ed invece siamo arrivati solo ieri sera, ma la notte pressoché insonne, un po’ per l’eccitazione ed anche per la poca abitudine a dormire su giacigli di fortuna, è trascorsa velocemente. L’avvio della giornata alle 6.00, già dalle 5.30 il minareto chiamava, non capita tutti i giorni di assistere alla preghiera dell’alba e di intervistare il Governatore del Nord Darfur. Poi il campo di Abou Shok, i volti di quei bambini, beata innocenza.

L’incontro più bello è quello con la piccola bambina che vendeva le caramelle e le bustine di bacche, silenziosa, accasciata per terra sopra una copertina, sembrava si mettesse in posa mentre veniva ripresa. Quasi come se si sentisse una modella, nel fotografarla ti faceva sentire come un ladro tanta era la semplicità del suo sguardo. I sorrisi erano moderati come fosse stata educata in un college irlandese dove si apprendono le buone maniere. Aveva la sua ciotola di prodotti, intorno a lei gli altri bambini giocavano, la nostra presenza li divertiva, la videocamera, la macchina fotografica.

Quelle immagini “rubate” se non fossimo consapevoli dell’uso che dobbiamo farne per la realizzazione del nostro progetto mi sembrerebbero degli atti di violenza. Il desiderio di regalarle del danaro è enorme, ma gli accompagnatori sono stati chiari, niente elemosina, ma quella bambina si era guadagnata quei soldi! Penso di comprare la sua poca e semplice merce, del resto quelle caramelle potevano andare agli altri bambini. Le do i sodi per acquistare tutta la sua merce, forse le sembrano tanti, ma li prende. Non avremmo dovuto farlo, gli altri bambini non aspettano che quelle caramelle vengano divise ma si buttano sul contenitore. La bimba delle caramelle si spaventa, le scendono le lacrime, in quel momento mi sento un cretino. Ma i miei accompagnatori mi spiegano che  la donna seduta accanto a lei la consola,  spiegandole che ha fatto un buon affare vendendo  tutta la sua merce in un blocco unico e al doppio del prezzo.

Magra consolazione per me, la sensazione di aver fatto una cosa sbagliata permane per tutto il giorno. Ho violato la sua privacy, abbiamo interrotto la sua giornata di lavoro post scolastica. Prevale il sentimento della vergogna, ma almeno di una cosa sono consapevole, la bambina delle caramelle sarà la protagonista del nostro piccolo libro sul Darfur. Sarà lei a raccontare con il suo silenzio la nostra storia su questo paese dilaniato dalla guerra la cui unica speranza sono i suoi bambini, quelli che incarneranno il nuovo volto del Darfur.

r.s.




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