Abdallah Kassir: non credo a una guerra all'Iran


Quasi c'eravamo dimenticati del Libano, della primavera dei cedri di sei anni fa con la fine del protettorato siriano e l'assassinio del primo ministro Rafiq Hariri, è un po' forse avevamo archiviato la guerra del 2006 tra Israele e gli Hezbollah. Ma il Libano resta un sorvegliato speciale, un Paese che per le sue tensioni e i delicati equilibri è un termometro ultrasensibile di quanto accade in Medio Oriente, ai confini con la Siria di Assad e Israele.
Fu in quei giorni dell'estate 2006 che nel cuore del quartiere di Beirut di Haret Harik, ridotto a un colabrodo dai caccia israeliani, la Tv al Manar del movimento sciita ricominciò a trasmettere con una diretta 24 ore su 24 in mezzo alle macerie: uno studio a cielo aperto che sfidava le incursioni aeree. In mezzo a dirigere tutto c'era Abdallah Kassir, 54 anni, direttore di al Manar, il Faro, e uno dei fondatori degli Hezbollah, da sempre uno degli uomini più vicini al leader Hassan Nasrallah. Con Kassir abbiamo avuto un colloquio in questi giorni durante la sua visita in Italia come membro dell'associazione interparlamentare per la Palestina.

La nostra è la quarta tv satellitare del Medio Oriente e la più vista del Paese insieme a quella di stato.
È anche l'unica tv libanese che dedica molto spazio alle attività della missione Unifil e alle relazioni dei caschi blu con la popolazione. Abbiamo anche un ottimo rapporto con il contingente italiano: in Libano per gli italiani c'è simpatia e rispetto, l'Italia è considerato un Paese amico.
Ma le insidie sono sempre in agguato: nel maggio scorso 6 soldati italiani, parte di un contingente di 1.700 uomini, rimasero feriti in un attentato sulla strada di Sidone. Ci sono stati dei problemi con alcune pattuglie dell'Unifil che non avevano tenuto conto delle tradizioni locali, come per esempio non fotografare le donne in casa, ma noi Hezbollah siamo intervenuti per trovare una mediazione ed evitare scontri e vendette. Gli Hezbollah rispettano la risoluzione 1701 dell'Onu e la missione dell'Unifil che ha lo scopo di sostenere l'esercito libanese nel monitoraggio dei confini con Israele, quindi l'integrità di tutta la nazione. L'importante per noi è che i caschi blu rispettino il mandato e restino neutrali. Gli italiani si comportano bene ma qualche contingente ci risulta che collabori con le forze israeliane.
Il movimento sciita Hezbollah appartiene al triangolo di ferro dell'alleanza storica con Iran e Siria, anzi fu proprio a Teheran che nacque il Partito di Dio con la benedizione dell'Imam Khomeini. Domandiamo a Kassir come stanno affrontando il test della primavera di Damasco e la repressione delle proteste da parte del regime del presidente Bashar Assad.
Tutta la regione va verso la democrazia. Come nel caso dei 21 parlamentari palestinesi in carcere in Israele, noi ci battiamo per i diritti umani e politici. Siamo quindi solidali con i popoli del Medio Oriente e le loro rivendicazioni. Ma in Siria noi auspichiamo un dialogo tra il governo e l'opposizione, come sembra sia stato deciso dopo che Damasco ha accettato le proposte di negoziato della Lega Araba. In Siria e questo per noi è importante la contrapposizione con il governo è sulla politica interna non su quella estera: anche gli oppositori sono schierati contro Israele e l'egemonia americana. La Siria è un Paese diverso da Tunisia, Egitto, Yemen: si sente una necessità estrema di riforme ma non ci sono divisioni sulla posizione internazionale del Paese. In Tunisia, Egitto, Yemen, i governanti avevano fatto compromessi con Israele o gli Stati Uniti.
Chiediamo a Kassir se gli Hezbollah si aspettano un attacco all'Iran, il grande sponsor del movimento. Non credo. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha minacciato di recente di bombardare la repubblica islamica ma credo che tutto faccia parte di dichiarazioni propagandistiche: gli americani si stanno ritirando dallIraq (entro il 31 dicembre, ndr) e il prossimo anno Barack Obama deve affrontare le elezioni: si prende di mira l'Iran, il Paese che esce vincitore dalla guerra in Iraq, per giustificare gli insuccessi della politica di Washington.
Il tribunale speciale per il Libano ha incolpato quattro Hezbollah per avere partecipato all'assassinio nel 2005 del primo ministro Rafic Hariri: una questione che può mettere i crisi gli equilibri, assai precari, del governo dell'attuale premier Najib MiKati. Cosa pensa Kassir di questa vicenda?
Il tribunale è soltanto uno strumento di pressione politica non un organo di giustizia. Le sue decisioni non esistono, sono illegittime, basate su false testimonianze e inoltre i giudici hanno respinto le nostre richieste insistenti di approfondire le indagini. Si tratta soltanto di una farsa. Un'opinione secca come una sentenza senza appello quella di Aballah Kassir, nato a Najaf in Iraq, culla dello sciismo, figlio dello sceicco Ahmad, un tempo acuto studente di teologia e oggi peso massimo degli Hezbollah.




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