Siria, 5 anni di morti e distruzione per capire che Assad non è il male assoluto


Roma, li 12 luglio 2016 - Ci sono voluti cinque anni, centinaia di migliaia di morti e feriti e la distruzione totale di oltre 2/3 del paese per capire che in Siria il male non era rappresentato dal presidente Bashar al Assad ma dai suoi oppositori politici che hanno utilizzano l’estremismo islamico per cacciarlo dal Paese. Tutto questo è avvenuto grazie alla complicità dell’Occidente e alle gravissime responsabilità della Turchia e delle Monarchie del Golfo, Qatar e Arabia Saudita in testa. La leggenda dei ribelli moderati è crollata davanti all’evidenza dei fatti: in Siria di moderato c’è ben poco, tutto il resto è classificabile come un enorme magma nero composto da estremisti islamici e jihadisti che sotto varie sigle vogliono imporre una logica di morte distruggendo qualunque forma di diversità religiosa, culturale ed etnica. Sbagliato pensare che ci siano soltanto l’ISIS e al Qaeda a rappresentare il terrorismo in questa parte del mondo: la realtà è che i cosiddetti ribelli, finanziati anche da Europa e Stati Uniti, sono in gran parte seguaci di un’ideologia radicale che ha colpito proprio gli Stati che li hanno utilizzati in via strumentale per destituire Assad.

La storia della Siria non ha nulla a che fare con le primavere arabe e neppure con la difesa dei diritti civili. Se questa fosse la causa di quel conflitto, allora non si spiegherebbe l’inerzia della comunità internazionale di fronte alle agghiaccianti forme di violenza che il potere costituito perpetra nei confronti della popolazione in Turchia e in Arabia Saudita. La Siria, prima della guerra, non aveva mai minacciato la sicurezza nazionale di altri Stati. E’ vero l’esatto contrario: era presa come un modello di riferimento dall’Occidente, tanto da essere una delle mete diplomatiche più apprezzate dei più importanti leader europei.  Fa sorridere che il presidente della Francia, Hollande, abbia chiesto alla Russia di bombardare i “ribelli” del Fronte Jabhat al Nusra, il ramo siriano di al Qaeda. Per tanti anni questi ribelli sono stati considerati “moderati”, utili alla destabilizzazione del Paese e alla caduta di Assad. Per tale ragione sono stati aiutati a conquistare città e villaggi. Il mondo ha ignorato i loro crimini, non troppo diversi da quelli commessi dall’ISIS. Tutto ciò è avvenuto anche grazie alla Francia. Questi signori non sono ribelli, sono soltanto terroristi. E che piaccia o meno, gli unici ad averlo capito sono i russi che giustamente continuano a bombardare le postazioni di coloro che per troppo tempo sono stati considerati, anche da alcuni pacifisti italiani, legittimi oppositori di Damasco.

Il futuro di Assad lo dovrà decidere il popolo siriano e non un manipolo di politici corrotti che vivono in lussuosi alberghi all’estero a spese della Turchia e dell’Arabia Saudita. Politici che rappresentano soltanto se stessi. Costoro, se si dovessero candidare alle elezioni in Siria, prenderebbero meno voti delle dita di una mano. La guerra in Siria è stato il teatro della più grande manipolazione mediatica degli ultimi dieci anni: molti giornalisti continuano a scrivere di quel paese senza averlo mai visto o, peggio ancora, prendendo informazioni dai soli gruppi armati la cui parola è bagnata dal sangue di civili e innocenti. Anche di questo una certa parte dell’informazione dovrà rispondere all’opinione pubblica nazionale.

IL DIRETTIVO DELLA FEDERAZIONE ASSADAKAH – CENTRO ITALO ARABO E DEL MEDITERRANEO