Migrazioni: così la Francia relega l'Africa al sottosviluppo economico e sociale


Circa l’80% del patrimonio economico dei cosiddetti paesi subsahariani, le ex colonie francesi come Niger, Repubblica Centroafricana, il Ghana, il Senegal e il Mali, è gestito direttamente da Parigi in cambio di pseudo aiuti economici. La moneta di riferimento è il franco, cosa che assoggetta ancora di più questi paesi, che si trovano in condizioni di arretratezza economica e dai quali partono i flussi migratori verso il nord Africa e l’Europa, alla Francia.

Il perno attorno al quale ruota l'intero sistema del controllo francese sui 14 Paesi africani è il franco coloniale, detto franco Cfa, moneta che la Francia impose alle sue colonie nel 1945, subito dopo l'accordo di Bretton Woods, che regolò il sistema monetario dopo la Seconda guerra mondiale. In origine l'acronimo Cfa stava per «Colonie francesi d'Africa», ma negli anni Sessanta, a seguito del riconoscimento dell'indipendenza delle colonie francesi deciso da Charles De Gaulle, il suo significato è cambiato: «Comunità finanziaria africana». Il primo vincolo del franco Cfa consiste nell'obbligo per i 14 Paesi che ne fanno uso di depositare il 50% delle loro riserve monetarie presso il Tesoro francese. In pratica, quando uno dei 14 Paesi del franco Cfa esporta verso un paese diverso dalla Francia, e incassa dollari o euro, ha l'obbligo di trasferire il 50% di questo incasso presso la Banca di Francia. In origine la quota da trasferire in Francia era pari al 100% dell'incasso, poi è scesa al 65% (riforma del 1973, dopo la fine delle colonie), infine al 50% dal 2005. 

Tra i numerosi vincoli imposti dagli accordi sul franco Cfa, vi è anche il «primo diritto» per la Francia di comprare qualsiasi risorsa naturale scoperta nelle sue ex colonie. Da qui il controllo di Parigi su materie prime di enorme valore strategico: uranio, oro, petrolio, gas, caffè, cacao. Soltanto dopo un esplicito «non interesse francese», scatta il permesso di cercare un altro compratore. 

FLUSSI MIGRATORI - Il 36% dei migranti che dichiarano la loro nazionalità una volta giunti nei porti italiani, appartiene a ex colonie francesi. Malgrado ciò, la Parigi continua a mantenere una posizione di totale chiusura nei confronti di questi migranti lasciando ricadere il peso del salvataggio e dell’accoglienza prevalentemente sull’Italia e le altre nazioni maggior esposte per la loro posizione geografica. Di fatto, questa dipendenza economca impedisce a questa paesi di avviare dei veri e propri processi di sviluppo economico e sociali relegandoli a condizioni di sottosviluppo anche per il crescente peso dello sfruttamento delle materie prime. Non tutti, poi, sanno che in Niger la Francia detiene delle basi militari proprio nei centri di snodo del flusso dei migranti verso la Libia, precisamente ad Agadez (direttrice NO) Bilma e quindi Madama  (direttrice NE). Anche in questo caso Parigi osserva la grave emergenza che ogni giorno passa di fronte ai propri occhi come un semplice spettatore disinteressato.