Di “importazione” tre residenti nell'Isola ogni cento


Unione Sarda - 30 settembre 2016

La popolazione di immigrati che vive in Sardegna è una risorsa economica. I dati dello studio elaborato dalle Acli di Cagliari, e presentato ieri sera durante un convegno, aprono uno spiraglio su un mondo che troppo spesso finisce in secondo piano rispetto alla cronaca e alle emergenze.

Al primo gennaio del 2016, il totale degli immigrati in Sardegna è di 47.425: di questi, la maggior parte arriva dall'Europa. Poi ci sono i cittadini africani: il 24,4 per cento del totale degli immigrati. La popolazione straniera in Sardegna è il 2,8 per cento del totale, ma il dato più importante è quello sulla forza lavoro e sull'imprenditoria. Gli imprenditori stranieri che non fanno parte dell'Unione europea sono 9.005, mentre su 100.894 imprese individuali, 7.199 sono di immigrati extraeuropei. 

Il dato si traduce anche in un gettito di tasse e contributi: «Gli immigrati contribuiscono attivamente», spiega Mauro Carta, presidente provinciale a Cagliari delle Acli, «i dati nazionali parlano di un Pil dell'immigrazione pari a 123 miliardi di euro e 6,8 miliardi di introito annuale». Sempre a livello nazionale, il saldo tra entrate della popolazione di immigrati (Irpef, consumi, lotterie e tasse varie) rispetto ai costi (sanità, servizi sociali e scuola) è in attivo di 3,9 miliardi di euro.

L'associazione Tiria Noa svolge un lavoro in ambito scolastico anche sull'integrazione. «È importante capire innanzitutto le esigenze delle persone», sottolinea Pier Paolo Pisanu, «perché non sempre dietro questo fenomeno c'è un'emergenza economica». Quindi il territorio diventa un piano di confronto per capire «cosa sai e cosa sai fare», conclude Pisanu. Parla, invece, di politiche in prospettiva Raimondo Schiavone, del Centro italo arabo Assadakah: «Nel 2080 la popolazione sarda sarà ridotta a un milione, il fenomeno migratorio rappresenta una potenzialità perché si parla di forza lavoro, produttori e consumatori». Schiavone chiede «meno demagogia per affrontare il fenomeno in maniera seria con politiche attive». (m. s.)