Reportage dal Darfur. Intervista a Osman Youssef Keber, Governatore del Nord Darfur


Sveglia all’alba, si sente il minareto che chiama per la preghiera, il tempo di prepararsi e subito catapultati nella sala della preghiera, un grande salone illuminato e ricoperto da tappeti. Comincia la preghiera, il Governatore, i suoi ospiti, i collaboratori, alcuni ministri, tutti presenti per il primo atto che un buon mussulmano dedica nella sua giornata ad Allah.

Partecipiamo simbolicamente a questo momento, il sole non si è ancora alzato, fuori dalla sala è ancora buio ma lentamente durante la preghiera compare la luce. Alla preghiera dell’alba i devoti non vi rinunciano mai.

Subito dopo la preghiera seduti in cerchio facciamo colazione accanto al Governatore del Nord Darfur Osman Youssef Keber ed ai suoi ospiti, è proprio lui che versa per tutti il te con il latte speziato. Cominciamo la nostra intervista, lui si mostra sereno, calmo, pacato, molto riflessivo, per lui ogni volta che ha la possibilità di parlare del suo Darfur è un momento importante. Un’intervista non formale, seduti per terra, nella quale non mancano alcuni momenti piacevoli di dialogo e conversazione, ci racconta di essere stato da giovane uno che si è dato da fare facendo numerosi lavori con l’utilizzo dell’asino, animale molto importante, qui in Darfur, per l’economia domestica. Nulla di molto diverso dall’uso che se ne faceva in numerose comunità sarde un po’ di anni fa.

Si comincia subito a parlare di Darfur: “la guerra è finita, lentamente si sta andando verso la normalizzazione, non ci sono più lotte fra bande, fra africani ed arabi”, con orgoglio ci dice: “vi sfido a riconoscere in questo consesso chi è arabo e chi africano”. “Ormai è finita la fase dell’emergenza, delle lotte fra bande, ora comincia la fase più importante, quella per lo sviluppo”. Usa un detto a noi conosciuto: “non vogliamo che ci mandino il pesce ma vogliamo che ci insegnino a pescare. Il vostro progetto, quello di Assadakah Sardegna di realizzare una scuola nel campo di Abou Shok è un grande progetto, verrete voi a consegnare la scuola alle popolazioni del Darfur”.

Con foga ci racconta di come è strutturato il Governo e di come è amministrata questa regione, un governo democratico con diversi organi di controllo. Ma è ovvio che siamo qui per parlare di cosa è oggi il Darfur: “le cose migliorano, le famiglie tornano lentamente alle loro case ed abbandonano i campi profughi, si va verso la normalizzazione e questa per noi è la cosa più importante. Dobbiamo costruire una nuova generazione che sappia vivere nella pace”. La sensazione che trasmette è quella di un uomo che ha dato tanto per riportare la pace fra il suo popolo, ci tiene a parlare dei bambini: “ci occupiamo della loro salute, la mortalità infantile è notevolmente diminuita, ma soprattutto ci occupiamo della loro istruzione. Stiamo lavorando per la realizzazione di numerose scuole e soprattutto per aiutare i ragazzi a studiare anche attraverso prestiti ed aiuti economici.

Il Governatore sa che più tardi andremo al campo di Abou Shok: “come potrete vedere visitando il campo i profughi sono molto diminuiti e non troverete la minima presenza di associazioni umanitarie o presunte tali, che hanno solo usato il Darfur per arricchirsi. Qui di aiuti ne sono arrivati ben pochi ma ci dicono che ne sono partiti tanti”.

Cerchiamo di farci spiegare il perché di una lotta così feroce che ha fatto morire tanta gente. Keber è molto chiaro: “da una parte ci sono le ragioni storiche della lotta per l’acqua fra africani ed arabi, lotte tribali, che sono state poi alimentate dall’esterno in particolare dal Colonnello Gheddafi per conto delle potenze occidentali che volevano destabilizzare questo paese non allineato ed ossequioso rispetto alle loro strategie. Gheddafi foraggiava bande di terroristi che hanno seminato solo odio e sangue, la sua scomparsa è una cosa buona per il Darfur, come del resto la scomparsa del suo uomo, capo dei ribelli, Khalil Ibrahim. Ciò ha consentito la riapertura del dialogo fra le tribù del Darfur ed il governo centrale nella ricerca di accordi finalizzati alla convivenza pacifica fra le due etnie che popolano questo territorio”.

Riprendiamo a parlare del ruolo delle associazioni umanitarie: “i numerosi interessi specie delle ONG americane hanno prevalso sulle scelte delle popolazioni, gli interessi economici occidentali hanno favorito il crescere degli scontri. L’affare aiuti ha danneggiato molto il Darfur. I numeri spacciati, come veritieri, dalle ONG americane sulla presenza di profughi nei campi sono gonfiati solo al fine di gestire denaro per denaro per presunti aiuti umanitari”.

Il clima si distende: “spero di venire presto in Italia, l’invito rivoltomi dalla vostra associazione mi da la certezza che quando verrò avrò la possibilità di spiegare e far capire la situazione reale del Darfur”.

Il commiato è lento ma profondo e caloroso, lo scorrere del tempo sembra non essere così importante per queste persone che danno l’importanza che merita ad ogni momento della propria giornata, anche noi siamo stati un momento importante della lunga giornata del Governatore del Darfur cominciata all’alba con la preghiera del mattino.

r.s.