Siria. Avevamo bisogno di un megafono più grande


assad rs francAvevamo bisogno di un megafono più grande, quando si urla un’idea, una convinzione, quando si testimonia la verità ci vuole un mezzo di diffusione che amplifichi la voce, fino a farla entrare nelle case, negli uffici, nelle orecchie di chi quella voce non la vuole sentire, di chi non si vuole fermare ad ascoltare e riflettere.

É quello che ho pensato oggi, vedendo lo straordinario reportage sulla Siria, realizzato per il settimanale Terra. Ho pensato che avevo visto le stesse immagini, sentito lo stesso frastuono di cannoni, odorato lo stesso profumo di spezie e chiuso per un attimo gli occhi di fronte all’orrore della morte.

La Siria che raccontavo due anni fa, era quella che oggi tutti descrivono.

Oggi sì, è arrivato il  momento di parlarne senza paure di ripercussioni, senza il timore di essere una voce fuori dal coro, senza la sensazione di star difendendo la parte sbagliata della barricata.

Oggi sì, si può dire che le Primavere arabe non sono tutte uguali, oggi sì, si può dire che i ribelli in realtà sono mercenari armati dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dalla Turchia per destabilizzare il Paese.

Oggi sì, si può di dire che la Siria è sempre stata un’esempio di perfetta convivenza religiosa che i poteri forti tentano di distruggere in nome di un’omologazione ideologica.

Oggi, si possono mandare in onda le immagini di Malula, si può parlare dei religiosi che tentano di difendere l’ultimo baluardo cristiano. Oggi si può, descrivere la strana faccia di Damasco, in cui il rumore del traffico e lo stridore della guerra convivono, in un’atmosfera fuori dal tempo.

E allora penso che ci voleva, davvero un megafono più grande, una telecamera più potente, perché altrimenti non riesco a capire per quale motivo, quello che è sempre stato sotto gli occhi di tutti solo oggi, emerge in tutta la sua drammaticità.

Il dramma è che l’urgenza di comunicare e raccontare è rimasta invariata, la guerra martirizza la terra che vide la culla della civiltà e la conversione di San Paolo, nell’interesse o disinteresse generale, dipende dai punti di vista.

Il dramma è che la voce, oggi sì, potente e penetrante, racconta sempre la stessa triste storia da tre anni.

 




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