Siria: vescovo Aleppo, non si trova pace con invio nuove armi


Mons. Antoine Audodi Luciana Borsatti) (ANSAmed) - ROMA, 22 MAR - La Siria puo' ritrovare la pace solo con l'aiuto della comunita' internazionale, ma non con gli aiuti militari ai ribelli che alcuni paesi europei, con il via libera degli Usa ma non ancora quello di Bruxelles, premono per inviare. Ne e' certo il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo, presidente della Caritas siriana, in questi giorni a Roma con altre delegazioni della Caritas Internationalis per una raccolta fondi a favore della popolazione e dei profughi siriani. ''I cristiani della Siria, come la maggioranza dei siriani, vogliono la riconciliazione nazionale e la pace'', sottolinea in un'intervista ad ANSAmed. Una riconciliazione che includa anche Bashar al Assad tra le parti sedute al tavolo, risponde, quale presidente in carica ''almeno fino alle prossime elezioni''. Siriano di Aleppo, da circa due mesi vive a Damasco, ma conosce bene le condizioni in cui vive la sua citta': parla di circa 200 mila abitanti senza casa, ''che vivono nelle scuole o nelle moschee''; di un 80% della popolazione che non ha piu' un lavoro e di famiglie ormai ridotte ad una poverta' ''reale''. Di una popolazione che non piu' viaggiare, ''perche' e' pericoloso entrare ed uscire dalla citta''; del dramma dei combattimenti ''nelle zone periferiche'', del timore di rapimenti a scopo di estorsione, risultato di una situazione ''in cui non vi e' piu' un'autorita''' e dunque prosperano le bande criminali. E parla anche di 20-30.000 cristiani fuggiti da Aleppo, su un totale di circa 160 mila.

Si e' dunque rotto per sempre quell'equilibrio interconfessionale che sembrava caratterizzare la societa' siriana negli ultimi decenni, e di cui Assad si era fatto garante? ''Non lo so, spero di no - risponde Mons.Audo - dipende da tanti livelli, fra cui appunto quello internazionale, e dalla possibilita' di trovare una soluzione politica, importante per fermare le violenze e garantire i veri interessi della Siria''. Mons. Audo, gesuita come il nuovo Papa nel quale dice di riporre una speranza anche per il futuro della Siria e dei cristiani in Medio Oriente, riconduce a diversi elementi la crisi siriana, rifuggendo da spiegazioni unilaterali. Ma anche usando cautela nel parlare, consapevole della delicatezza della situazione. ''C'e' in primo luogo un elemento confessionale - sottolinea - con il desiderio di una maggioranza sunnita di conquistare il potere in mano della minoranza alawita. E questo si inserisce nel contesto regionale piu' ampio, della contrapposizione tra Iran e Arabia Saudita: un confronto che riguarda anche l'Iraq e il Libano, ma di cui i media non parlano a sufficienza''.

Inoltre, prosegue, ''ce' il problema politico di un regime militare e un partito unico al potere da 50 anni, come accaduto anche in altri Paesi, e sotto l'influenza russa. Terzo, il problema economico di tanti giovani che hanno potuto andare all'universita' ma che non trovano corrispondenza nella realta', dove vedono solo disoccupazione e corruzione''. Un problema aggravato ''dalla poverta' e dalla mancanza di cibo determinate da due anni di guerra, poverta' che colpisce tutte le famiglie, che subiscono cosi' - sottolinea - una grande umiliazione''.

Da qui, ricorda, i progetti della Caritas Internationalis per una raccolta di fondi per cinque milioni di euro, a beneficio della popolazione di sei regioni del Paese e dei profughi in Libano, Giordania e Turchia. Quanto ai cristiani siriani, per ora, risponde, ''non hanno paura dei connazionali loro vicini''. Ma esiste il timore che anche a loro possa toccare la sorte dei tanti iracheni costretti a fuggire dal loro Paese negli ultimi anni. ''Sarebbe una grande perdita per la Siria, per la chiesa universale, per tutti'', dice, allargando il discorso a tutto il Medio Oriente. ''Per la loro storia, spiega, citando in particolare Antiochia e la Damasco di S.Paolo, e per la convivenza secolare tra gli arabi cristiani e i musulmani nella regione, in cui si e' cementata una comunanza culturale e di interessi. ''E' una questione di verita' storica e geografica - conclude il vescovo caldeo di Aleppo - della quale Benedetto XVI era ben consapevole''.

(ANSAmed)




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