La guerra siriana sconfina in Libano


NEWS_183346

Nena News

Scontri armati a Tripoli  e colpi di mortaio su Akkar. Il Paese dei cedri trema sotto la pressione del conflitto in Siria. Ieri un'altra autobomba contro Hezbollah
mercoledì 22 gennaio 2014 11:27

Roma, 22 gennaio 2014, Nena News - Il Libano trema sotto la pressione della guerra siriana alle sue porte. Mentre in Svizzera si è aperta la conferenza di pace denominata Ginevra 2, la città settentrionale di Tripoli è teatro di nuovi scontri tra i sostenitori e gli oppositori del presidente siriano Bashar al Assad: sette i morti e sessanta i feriti. Mentre nelle aree libanesi al confine sono caduti alcuni colpi di mortaio lanciati dalla Siria: due bambini sono rimasti feriti quando è stata colpita la loro casa nella regione di Akkar.

Non è la prima volta che il conflitto siriano supera i suoi confini e fa vittime nel Paese dei cedri che ospita la maggioranza dei due milioni di profughi siriani ed è teatro di attentati e omicidi mirati legati alla guerra. Il Libano è diviso tra i sostenitori e gli oppositori di Assad, ma è anche alle prese con crisi economica e con uno stallo politico che rischiano di far crollare un sistema fragile, segnato da rivalità politiche e confessionali.

Oggi Tripoli, una città che è diventata negli ultimi tre anni il fronte libanese della guerra siriana, si è risvegliata sotto un inteso scambio di artiglieria tra i quartieri rivali di Jabal Mohsen, dominato dal clan alawita (Assad è un alawita), e di Bab al-Tebbaneh, a maggioranza sunnita. Entrambi foraggiati da Stati stranieri (Damasco sostiene la minoranza alawita, mentre Riad gli sceicchi salafiti) e coperti dai politici e dalle forze di sicurezza libanesi. L'autostrada che dalla capitale del Nord porta ad Akkar è chiusa e sono chiuse anche le scuole e le moschee. Tripoli è ostaggio dei clan rivali che si danno battaglia da quasi tre anni e che hanno portato alla militarizzazione di questo centro portuale.

Anche questa città è stata ferita da attentati e omicidi mirati: il 23 agosto scorso due autobombe vicino alle moschee di al Taqwa e di Salam hanno fatto 42 morti e 500 feriti e a metà novembre è stato assassinato il religioso sunnita sheikh Saadeddin Ghiyeh, punito per essersi schierato con Assad ed Hezbollah che ha mandato i suoi uomini a combattere al fianco delle truppe fedeli al presidente siriano.

Ieri, invece, è stata la capitale Beirut a ripiombare nel terrore: un'autobomba nel quartiere meridionale di Dahiyeh, a maggioranza sciita e roccaforte di Hezbollah, ha ucciso quattro persone e ne ha ferite 35. Questo ennesimo attentato contro il Partito di Dio è stato rivendicato dal Fronte al-Nusra, organizzazione qaedista che lotta in Siria contro il Presidente siriano Bashar al-Asad. Nena News




Aggiungi un commento

6 + 0 =