L’analisi/ La Siria vittima di una guerra di interessi


(Samir al Kassir) – I colloqui di pace di Astana sono stati un passo importante perché, per la prima volta, i gruppi armati e addestrati dalla Turchia, dall’Arabia Saudita e dalla Giordania sono stati convinti dalla Turchia stessa a sedersi intorno a un tavolo per la liberazione di Aleppo. La situazione nella seconda città del paese è stata rappresentata dai media e dai governi occidentali in modo difforme rispetto alla realtà delle cose. L’ultimo rapporto di un diplomatico britannico, che l’ha visitata, riporta testimonianze di quella popolazione molto diverse da ciò che lui stesso aveva sentito o letto sulla stampa britannica.

La conclusione di questa conferenza ha garantito tre aspetti importanti, ossia che bisogna:

  • Trovare una soluzione politica pacifica per il conflitto siriano;
  • Mantenere l’integrità territoriale;
  • Mantenere la sovranità della Siria.

L’unica lacuna è che la Turchia e i gruppi jihadisti di matrice islamica hanno negato ai siriani un principio molto importante, cioè il fatto che la Siria debba essere un paese laico com’è sempre stato. Anche se non vi è una democrazia, musulmani, cristiani ed ebrei hanno sempre avuto la libertà di culto e tante minoranze hanno vissuto in serenità nel paese senza subire discriminazioni.

La comunità internazionale (ovvero i vari giocatori regionali e internazionali) si trova in una fase d’attesa e cerca di capire se deve sostenere una guerra in Siria, supportando i gruppi contro il governo di Damasco o cambiare totalmente rotta. I paesi che hanno avuto interessi nell’area, a livello regionale, sono la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran. Il rapporto tra uno Stato e un altro è un rapporto gestito dal diritto internazionale. La Siria, come governo riconosciuto ancora rappresentato alle Nazioni Unite, può concludere accordi con la Russia, con l’Iran e con tutti i paesi del mondo. Ciò che non è accettabile è che un gruppo di oppositori armati, sostenuto da paesi come l’Arabia Saudita, abbia la presunzione di portare la democrazia in Siria. Ciò è assurdo perché Riyadh è l’ultimo paese in grado di poter portare la democrazia da qualche parte.

Inoltre, la Francia, paese laico, di grandi principi e guidato da un governo di sinistra ha un’alleanza paradossale e legami importanti con l’Arabia Saudita che sostiene il terrorismo e che è il nido del jihadismo islamico da quando è nato in Afghanistan. Ora quel nido, purtroppo, si trova in Siria. Vi sono rapporti paradossalmente strani anche con la Turchia, guidata dai Fratelli Musulmani, che ora fa parte dei tre paesi garanti del cessate il fuoco. La Turchia ha avuto sempre ambizioni con Erdogan, la teoria del neo ottomanesimo non è stata accantonata. Lo stesso dicasi per la Francia che sogna ancora di prendere le redini di un paese che era sotto il mandato francese.

I siriani sono vittime di una guerra d’interessi a causa della loro posizione geopolitica (lo sbocco sul mar Mediterraneo), delle risorse petrolifere e di un giacimento di gas che fa gola a molti governi. Il governo ha ammesso di aver commesso degli errori, ma l’opposizione assume la più grande responsabilità perché la Siria è multietnica e il dialogo è l’unica arma per arrivare a una soluzione politica democratica. L’opposizione siriana ha sbagliato a non aderire a un dialogo nazionale, ricorrendo invece all’uso delle armi contro il governo. Questa è una cosa inaccettabile secondo il diritto internazionale e nazionale. Gli altri paesi non si devono intromettere negli affari interni di un altro paese, anche nei casi in cui è presente una dittatura. Secondo il diritto internazionale non si possono armare gruppi contro un paese. Due sono gli esempi che spiegano meglio quanto detto:

  • Il Sud Africa, nel periodo in cui vigeva l’apartheid e Nelson Mandela era detenuto in carcere. Il mondo occidentale e la comunità internazionale hanno imposto delle sanzioni, un embargo ma non hanno coinvolto i sostenitori di Mandela a condurre una lotta armata;
  • La Polonia che ha combattuto un regime più feroce, ma ha avuto la responsabilità di non guidare il suo paese verso una guerra civile, di non accettare armi e di non aprire le frontiere ai jihadisti.

L’opposizione polacca o quella sudafricana non hanno smantellato le infrastrutture, non hanno distrutto il patrimonio nazionale del loro paese.

Detto questo, esiste un’opposizione siriana che merita un grande rispetto, un’opposizione laica, che si trova anche in Francia, ma che è stata trascurata da potenze come la Gran Bretagna, la Francia, l’America e anche dall’Arabia Saudita e dalla Turchia poiché non era nel loro interesse arrivare ad un’opposizione che aveva l’ossessione di cambiare il governo. Secondo il sistema democratico e il diritto internazionale, nessuno ha il diritto di cambiare il governo di un altro paese se non il popolo stesso. Bisogna cambiare i governi pacificamente anche nei casi in cui un regime è considerato dittatoriale. I siriani non hanno la vocazione di lasciare il loro paese, non vogliono essere profughi e non vogliono questa crisi a livello europeo. Di questo bisogna prendere atto.

 

Samir al Kassir è stato ambasciatore della Repubblica Araba Siriana in Italia, ex vice segretario generale della Lega Araba e attualmente è consigliere di amministrazione della Camera di Cooperazione Italo Araba