Obama. Pace solo a parole, ritiriamogli il Nobel


obama-robotQuando fu assegnato al neo eletto Presidente degli Statu Uniti d’America il Nobel per la Pace molti si avventurarono in proclami entusiastici a quell’atto che poi, con fatti alla mano, si dimostrò intempestivo ed inopportuno. Fu una medaglia consegnata non per meriti conseguiti ma per i proclami di una campagna elettorale americana, dove per la prima volta aveva vinto un giovane, democratico, nero. Un evento senza dubbio, ma alla prova dei fatti Barack Obama si è dimostrato un presidente perfettamente in linea con i suoi predecessori repubblicani, specie sui temi di politica internazionale.

Non c’entra la crisi economica mondiale, il crollo dell’economia virtuale e del capitalismo immorale, quelli sono altri temi sui quali si può solo accusare il presidente USA di aver mostrato il lato peggiore dell’egoismo americano. La politica internazionale americana non è mutata di una virgola. Continuano a prevalere le strategia della potente lobby sionista che fanno degli Stati Uniti in questo momento lo stato più nemico della pace fra quelli occidentali.

La vicenda dell’ingresso dei territori palestinesi all’interno dell’UNESCO con un implicito riconoscimento dell’esistenza di uno Stato Palestinese, il voto contrario degli USA e soprattutto le minacce successive di non finanziare più l’Educational, Scientific and Cultural Organization e soprattutto di esercitare il diritto di veto (figlio della spartizione mondiale del dopo guerra) ove vi fosse una richiesta palestinese di riconoscimento giuridico della propria statualità, sono l’esempio di quanto sia lontana la volontà di portare la pace in Medio Oriente da parte di questo presidente sempre di più “burattino” in mano ai forti poteri economici ebraici.

Si era aperto uno spiraglio con questo importante atto dell’UNESCO sembrava prevalere la strategia di Al-Fatah tesa a portare avanti processi legali di riconoscimento dello Stato Palestinese ed invece vincono le logiche della guerra, prevale la volontà di chi afferma un’occupazione illegittima che negli ultimi anni ha annullato la presenza palestinese in quei territori creando 5 milioni di profughi e tanti martiri.

Ormai di terra non ce n’è più, Israele minaccia di aumentare gli insediamenti dei coloni e passa il messaggio che l’unica lingua che conosce il governo sionista e quello della forza. Lo ha capito quando è stato costretto a liberare il sud del Libano dagli attacchi di Hezbollah, lo ha capito quando ha dovuto rilasciare 477 Palestinesi, detenuti nelle carceri Israeliane, in cambio di Shalit.

Non bastano le parole di pace, servono fatti e ciò che è accaduto negli ultimi mesi è la dimostrazione lampante che USA e Israele la pace non la vogliono ma intendono perseguire una azione strategica di colonizzazione e di umiliazione del popolo Palestinese.

L’unica cosa positiva di ciò è che la chiusura a strategie di dialogo apre alla unificazione politica di quel popolo che ritrova nella lotta lo strumento per raggiungere la propria libertà.

Le recenti minacce di Netanyahu di attaccare l’IRAN sono un ulteriore esempio di arroganza e prepotenza. Il sostegno del Governo Statunitense a tale strategia è il segno dell’impotenza di Obama di fronte al “colosso” sionista.

Togliamo il premio Nobel per la pace a Brack Obama, lui proprio non lo merita.